Se la Juve ha ancora bisogno di Lichtsteiner, allora ha un problema

Non è per provocare: è per mettere le cose in chiaro. E non è per denigrare: è seguire un filo logico che nessuno ha mai avuto motivo di nascondere, rinchiudere, spezzare.
La legge del tempo porta guai a chi s’appoggia alle comodità: nella vita, questo e poco altro ha il pregio dell’indiscutibilità. Ma la legge del tempo è inoltre foriera di momenti, sensazioni, improvvisi balzi di esistenza che spesso urtano senza scusarsi: in pratica, tocca subire. Senza fiatare. Perché poi, in fondo, questa non ha nessun’altra peculiarità: è l’unica giusta, tra le leggi che governano il mondo. E tanto basta.

Stephan Lichtsteiner ha provato a eluderla. E forse dopo l’ultimo rinnovo ci è pure riuscito. Ora corre, lo svizzero, dopo aver sgraffignato la fascia destra a un Dani Alves impegnato a recitare la peggiore versione di sé, forse già a guardarsi intorno direzione Cina. Ecco: resta lui il più grande rimpianto, per quanto ingiusto possa sembrare dopo qualche apparizione e un infortunio serio, bastardo, però in grado di redimerlo e di dargli una seconda chance. In una Juve che finalmente gira, tra l’altro: non certo un aspetto da sottovalutare.

Oh, finora gira con lo svizzero, però. Che non sarà quello delle prime scorribande, ma corre ugualmente. E lo fa ch’è una meraviglia: difendendo, affrontando, sbraitando come se fosse il primo giorno a Vinovo e tutto il conquistato si tramutasse perennemente in conquistabile. Né ha intenzione di fermarsi: nonostante l’età, la pancia piena, la porta sbattuta quando seppe del ritorno di Cuadrado. Sembrava tutto finito, all’epoca. Probabilmente lo era davvero.

E se la Juve avesse ancora bisogno di Lichtsteiner? Allora avrebbe un problema. Pardon: ce l’ha, è conclamato. Non di tipo societario, ma di campo. In senso stretto, strettissimo. Perché se la Juve ha ancora bisogno di Lichtsteiner vuol dire che l’inghippo tanto narrato, quello sulla fascia destra, non è stato affatto risolto. Complice l’esterno brasiliano, complice il saluto – un po’ ingrato e forzato – a Martin Caceres, i piani di risanamento dell’out di competenza sono andati maestosamente a farsi benedire. E ora si corre agli estremi – e quanto giusti? – ripari.

C’era un periodo in cui si è ragionato di cuore: era quando i bianconeri si trovavano lontani dalla vetta, quando vivacchiavano a metà classifica imparando ad essere gli amiconi di tutti, gli avversari di nessuno. La nuova, vecchia Juve non è questa: è fredda, calcolatrice, vincente. Ognuno ha il proprio candore: dipende da quanto sei disposto a sacrificare per avere la forza di alzare un trofeo. Licht è sempre stato una pedina preziosa, in campo e fuori: poi ha dato tanto, tutto. Ma andava anche posto sull’altare del mercato nel nome della divinità che protegge la qualità sugli esterni, i cross tesi e gli assist al bacio per i centravanti. Garra e sostanza, nel formato europeo, pare non possano sussistere.

Se la Juve ha ancora bisogno di Lichtsteiner, presto farà in modo di non necessitarne più. È stata fatta una scelta che verrà mantenuta, per quanto questo rinnovo spiazzi, ma non indigni. Perché poi dall’altra parte c’è un professionista serio: archiviata la manovra interista d’inizio stagione, è sempre stato il campo a parlare per Stephan. E a meritare maglie da titolare, prime pagine e pure l’ultima firma per l’ultimo anno. Come a dire: grazie di tutto, eh, ma adesso si cambia registro. Perché l’unico modo per non aver più bisogno di Lichtsteiner, è quello di permettersi il lusso di accaparrarsi un terzino migliore di lui. Ce ne sono pochi, ma ci sono: del resto, diventare grandi vuol dire fare sacrifici. E non c’è sacrificio che il cuore non soffra.

crico

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