I campioni passano, la Juventus resta

Nello spogliatoio della Juventus F.C. il prossimo 12 settembre alle ore 20.45 per la gara contro la capolista Chievo non troveremo più Vidal, Pirlo, Tevez, Ogbonna, Llorente, Storari, Coman, Isla e De Ceglie ma troveremo Hernanes, Dybala, Zaza, Mandzukic, Cuadrado, Lemina, Rugani, Neto (non sicuramente Khedira alle prese con un infortunio che lo terrà ai box sino ad ottobre).

Leggendo i due blocchi (arrivi e partenze) è possibile schierarsi tranquillamente con i delusi, quelli cioè che rimpiangono gli addii, senza sapere però che alcuni di essi erano stati richiesti dai diretti interessati, e che hanno sperato sino all’ultimo momento nell’operazione Draxler (o Isco, Witsel, Oscar), oppure si può essere dalla parte degli ottimisti, quelli cioè che vedono una rosa della Juventus composta da due squadre “titolari” capace quindi di sostenere tre competizioni e una Juve piena di giovani promesse che si spera possano amalgamarsi nel solido impianto juventino creato in questi quattro anni dalla società, da Conte e da Allegri.

Attraverso queste poche righe non è nostro intento schierarci né con gli uni né con gli altri, per un semplice motivo: a noi piace parlare di calcio. I gettoni per salire sulla giostra mediatica del calciomercato li lasciamo agli altri, le critiche le lasciamo fare a chi lo fa per mestiere, a chi dimentica che il sei giugno la Juventus ha disputato la finale di Champions League contro il Barcellona uscendo a testa altissima dall’Olympiastadion di Berlino, a chi non vede di buon occhio mister Allegri dal primo giorno in cui è arrivato a Vinovo, a chi critica per partito preso il giovane Lemina senza averlo mai visto giocare (e non come chi vi scrive, presente al Velodrome giusto un mese fa). A chi insomma ogni anno scende in piazza San Carlo a festeggiare con la bandierina in mano dopo un anno di mugugni.

Questo sicuramente sarà un anno di transizione per la Juventus, per aver perso in un solo colpo la spina dorsale della squadra che ha dominato negli ultimi anni, ma la rosa messa a disposizione del tecnico livornese è molto competitiva e si presta tranquillamente a più moduli e modi di gioco.

La difesa è senz’altro stata rinforzata con due innesti di valore come Rugani per il reparto centrale e Alex Sandro per la fascia sinistra. Il centrocampo, centro nevralgico di tutto l’impianto, ha visto gli addii inevitabili di Pirlo e Vidal (e non stiamo qui ancora a ripetere che parliamo di calciatori unici e quindi INSOSTITUIBILI), e gli innesti di Khedira (sfortunato sin dalla sua seconda amichevole), Lemina, Cuadrado e Harnanes. Per gli ultimi due si potrebbe aprire un capitolo a parte che non considera però le loro ultime prestazioni sportive nel Chelsea e nell’Inter.

In attacco all’addio di Tevez si sono aggiunti quelli del buon Fernando Llorente (che non smetteremo mai di ringraziare) e di Coman con gli innesti di Dybala, Mandzukic e Zaza, gente che i gol li ha sempre fatti, in Italia e in Europa.

Ora non ci resta che osservare e giudicare, noi faremo la nostra parte ed il mister dovrà fare la sua. Dovrà innanzitutto lavorare sulla testa dei nuovi arrivati (e forse anche dei vecchi) per inculcare loro la mentalità Juve, quella vista a Roma negli ultimi dieci minuti allorquando in dieci, dopo una prestazione pessima, si rischiava di pareggiare la partita. Non bisogna più vedere un Pogba che borbotta continuamente senza rendersi conto del numero di maglia che c’è dietro le sue spalle e che rilancia alla viva il parroco in un palcoscenico come l’Olimpico di Roma, non bisogna più vedere un Lichtsteiner che si perde Thereau al centro dell’area regalando il bottino pieno all’Udinese allo Stadium, con un tiro un gol. Non bisogna più vedere l’ottimo Padoin al centro del gioco della squadra Campione d’Italia, né un Mandzukic che non esprime un solo tiro in porta in due partite di campionato.

Bisogna bensì ripartire il 12 settembre dagli spogliatoi. Da quel luogo sacro dove nascono tutte le grandi imprese. E’ lì che la Juve faceva paura a tutti, è dalle scale di accesso al prato di gioco che la Juve vinceva le partire. Da lì bisogna ripartire con gli occhi della tigre, bisogna mostrare agli avversari di turno quella maglia piena di tricolori, bisogna essere consapevoli di essere i primi. Gli unici. Del resto ragazzi, dai tempi degli addii di Sivori, Baggio, Zidane, Del Piero si è sempre detto che i campioni passano e la Juve resta. Comunque e per sempre.

Francesco Pellino

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