Ecco perché fermarsi sarebbe la più saggia delle decisioni da prendere

Ripartire o fermarsi? È (anche) questo il dilemma. Perché si sa, per gli italiani il calcio è più importante di molte altre cose. Forse non di un pandemia globale, ma è impossibile negare che una possibile ripartenza non farebbe che piacere ai tifosi di tutto il paese. E pensare che stavamo assistendo ad uno dei campionati più belli e combattuti dell’ultimo decennio fa ancora più rabbia. Questo perché per molti il 2020 poteva essere l’anno dell’abdicazione di una Signora quasi apparentemente invincibile, così come per altri sarebbe stata la stagione di una possibile riconferma, l’ennesima, la più bella, quella che avrebbe portato i bianconeri ulteriormente nella storia. Il calcio ad oggi vestirebbe i panni di sana distrazione, in un momento in cui la gente è stanca di assistere a soli Tg o di rivivere vecchi ricordi sportivi. Guai inoltre dimenticare che il calcio, come azienda, non è composta da soli atleti strapagati che non risentirebbero di qualche mese senza stipendi. Il settore calcio è composto anche da giardinieri, steward, ragionieri e centinaia di addetti che non sono calciatori (e che di conseguenza non vengono pagati come tali) ma che lavorano grazie al sistema calcistico. Ma vale davvero la pena correre un rischio così grande?

Quasi tutti i calciatori sono apparsi favorevoli ad una ripartenza. Chi per ragioni economiche, chi per voglia di tornare a far ciò che si ama, e chi ancora per la forte volontà di dare un senso ad un qualcosa iniziato diversi mesi fa. Ma se il Governo dovesse decidere di congelare la classifica, cosa accadrebbe? Juventus campione d’Italia per il nono anno di fila, con la Lazio costretta ad accontentarsi di uno strettissimo secondo posto, dopo aver disputato una delle migliori stagioni della propria storia. La Roma sarebbe costretta a concedere ad Inter e Atalanta gli ultimi due slot Champions, aggiudicandosi un posto in Europa League assieme al Napoli, a discapito del Milan, che non potrà nemmeno giocarsi le proprie carte in Coppa Italia. Spal e Brescia, che hanno stampato da tempo un biglietto di sola andata per la Serie B, tornerebbero fra i cadetti, ma sarebbe giusta la retrocessione del Lecce per differenza reti visti i pari punti con il Genoa? Inutile prenderci in giro, il terminare anzitempo questa stagione è un’ipotesi che non renderebbe felice nessuno, nemmeno la Juventus, società da sempre abituata a vincere sul campo e mai a tavolino.

Prendiamo ora in considerazione la possibilità di terminare sul campo questa stagione. I calciatori delle rispettive compagini sarebbero costretti ad un ritiro di almeno tre settimane, utile per tornare ad allenarsi con continuità e soprattutto fondamentale per scongiurare ogni rischio contagio. Troppo poco tempo a disposizione per portare a termine oltre 100 match, con la necessità di dover giocare fino a tre volte a settimana sotto temperature proibitive in stadi deserti ed emotivamente sterili. È davvero questo ciò che vogliamo per i nostri beniamini? Infortuni, risultati falsati e rischi incalcolabili? Se c’è una cosa che abbiamo appreso da questo virus, è che fare calcoli è impossibile. Ad oggi, per quanto ne sappiamo, si potrà ripartire fra un giorno così come fra un anno. L’ipotesi più saggia, per quanto possa far male accettarlo, è quella di fermare tutto, compreso quel colosso inattaccabile chiamato calcio. Torneranno le giornate allo stadio, i pomeriggi davanti alla Tv e le serate all’insegna della fede sportiva. Ma non ora. Ora è tempo di pazientare, attendere e sperare che questa situazione possa tramutarsi ben presto in un brutto ricordo.

Alessandro Zanzico

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