Il padre di Pjanic: “Juve forte e ambiziosa, come Mire. Può giocare ovunque. E’ il migliore sulle punizioni”

Dalla guerra al calcio, il passo è breve. Fahrudin Pjanic, nel 1991, aveva capito che, in Bosnia, l’aria che si respirava era quella della tempesta. Andò via, con moglie e figlio, in Lussemburgo e, qualche mese dopo, la città in cui abitavano precedentemente, Zvornik, venne invasa e distrutta dalle truppe serbe. In una bellissima intervista a“La Gazzetta Dello Sport”,il padre del calciatore della Juventus racconta le origini della passione sportiva del figlio, soffermandosi in particolar modo sul periodo che sta vivendo alla Juventus.

LE ORIGINI

“È come se l’avessi protetto attraverso un pallone. Ho avuto la fortuna di poterlo portare via dalle atrocità della guerra e Miralem, crescendo, non mi ha fatto mai pesare quella fuga: si è sempre sentito bosniaco, ma è diventato un campione qui, in Lussemburgo, la seconda patria che ci ha accolto tanti anni fa ormai”.

SBLOCCATO

“Si è sbloccato? Si, si è sbloccato, ma avevate dubbi? Non vedo quale sia il problema perché lui è sempre stato contento del lavoro fatto a Torino: segue le direttive del club, ascolta il tecnico, si sacrifica per la squadra. Quando ci si comporta così, i risultati arrivano: i tifosi non devono preoccuparsi, a maggior ragione dopo la punizione al Chievo”.

TEMPO DI BILANCI

“Si sta impegnando parecchio, so che suda in allenamento. Ha cambiato preparazione rispetto al passato e, fisicamente, ha avuto qualche problema all’inizio. Ora è tutto a posto: ovviamente deve continuare su questa strada, con questa serietà, perché è in un mondo completamento nuovo.”

DIFFERENZE TRA ROMA E TORINO

“Le città sono molto diverse, ma bellissime: ognuna ha pregi e pjanic-juventus-chievodifetti. In ogni caso, Miralem è consapevole che questo sia stato un passo avanti nella sua carriera: è in un club incredibile, perfetto per quelli che vogliono trionfare, proprio come lui. Anzi, direi che la Juve è simile a mio figlio, è ambiziosa e vincente. Il desiderio di successo è la cosa che gli piace di più: per questo è nel club ideale e si adatterà in fretta. Attenzione: anche Roma è una città per vincenti, però non so come funzioni là… All’inizio del campionato va tutto bene, poi succede sempre qualcosa.”

ADATTAMENTO

“Cosa manca per l’adattamento finale a Torino?Pazienza e lavoro. Migliorarsi è possibile, questo è certo. Ma è certo anche che ci sono 4­5 giocatori nuovi, tutti di livello altissimo, che si aggiungono a campioni già in rosa come Buffon: capirsi gli uni con gli altri non è facile ma, quando ci riusciranno, le cose andranno perfino meglio di così.”

RUOLO

” Il vero ruolo di Miralem? È una domanda per Allegri, è lui che decide. Io dico che può giocare ovunque perché ha qualità e si applica. Può stare più avanzato visto perché ha l’abilità del passaggio decisivo, ma ha dimostrato di sapersi adattare anche in una zona più difensiva del campo: pure davanti alla difesa, sa organizzare il gioco”.

PUNIZIONI

“È il più forte in circolazione nelle punizioni? Assolutamente, il migliore. Un grande insegnamento allenarsi a Lione vicino a Juninho Pernambucano, ma la sua forza è stata nel creare uno stile tutto suo. Ormai possiamo dire che nel calcio esistono le punizioni alla Pjanic.

PICCOLO FENOMENO

“Ho capito che sarebbe diventato un fenomeno vedendolo calciare la prima volta contro il garage. Ricordo bene il rumore. Da quel momento ho avuto la fortuna di seguirlo da vicino nella crescita: a 7 anni si è messo ancora di più in mostra, a 10 ho avuto la conferma che aveva un che di speciale, a 11 era nelle selezioni lussemburghesi, a 16 i dirigenti del Metz immaginavano questo grande futuro. Al momento di scegliere la Nazionale, poi, è andato naturalmente sulla Bosnia: da Ibisevic a Dzeko, c’era una generazione super in quel momento. E infatti, ci hanno portato al Mondiale 2014.

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