ReLIVE #AgnelliRisponde: “Juve è amore e passione. Sono un Agnelli ‘duro’, lo stile della società è vincere. Pensiamo d’investire anche in altre società…”

LA JUVE OGGI – “È amore e passione”.

SU POGBA – “Cedere o rivoluzionare? Teoria. Che cos’è Pogba lo dimostra l’Adidas, anteponendola a tutti gli altri con anche dei moniti di attenzione all’interno che sono sensibili a questo tipo. Oggi Dybala è guardato dai bambini, c’è chi dice che può essere superiore a Messi e CR7. Noi lavoriamo ed è fondamentale avere giocatori di quel tipo. Una delle perdite è stata quella di Tevez, oltre a quella di Pirlo. Non c’è il supereroe per il marchio. Dybala nessuno lo conosceva, ora è un supereroe. Pogba è oggi l’unico, crea valore. Le dinamiche di mercato, ad esempio la valutazione: giusto accettare un’offerta importante? Dipende dal tuo conto economico e al piano d’investimenti. Poi c’è la volontà dei giocatori, oltre ai contratti. Chi vuol andar via, va via. Vieri è l’emblema: non lo si voleva cedere, l’avvocato chiama Moggi per non cederlo. Partì il mattino dopo. Gli pagavamo un x e l’Atletico lo moltiplicò per 5. Ci sono finestre che si aprono alle 8 del mattino e si chiudono alle 2 di notte. Durano 7 o 8 ore le trattative”.

FAMIGLIA – “Mio nonno? Ci ha tracciato la via e siamo molto felici di averlo eguagliato. Quando abbiamo pensato a come portare la Coppa al museo abbiamo pensato alla figlia, dà il senso del tempo e quando si parla di storia certifica la tradizione e lo stile Juve. Sei anni fa? Al di là di cosa ero, il punto è che a determinate condizioni pensavo di poter dare un contributo. La mia attività è stata quella di scegliere le perosne che hanno ricoperto ruoli fondamentali. So perfettamente che il mio ruolo esiste quando vanno male le cose, ma lavoriamo per evitarlo. Bisogna saper dare responsabilità precise alle persone e fare da scudo, assumendosi la responsabilità. Ho un gruppo dirigente giovane e straordinario. Se dovessimo rimanere assieme nei prossimi 10 anni diventiamo i più forti d’Europa. Marotta via? Non è previsto, ma anche Paratici e Nedved e gli altri. Abbiamo un gruppo di Juve giovane, ambiamo a diventare di nuovo la migliore squadra d’Europa”.

SUDDITANZA – “Non si cambiano i cliché, dalla parte sportiva poi è tutto sportivo. Non mi scoccia e non mi dà fastidio, fa parte dei nickname. Sudditanza? Inevitabile per chi vince, al Milan dicevano la stessa cosa. Sembra sempre tutto contro di noi. I forti hanno vantaggi? Se sta il 90% in area avversaria è normale che aumenti la possibilità di un rigore…”

RAFFORZARE I RICAVI – “Il calcio italiano è rimasto indietro, il 2006 è un forte momento di discontinuità che è stato gestito male. L’interesse del sistema ha prevalso. Il Real fino all’anno scorso ha gestito da solo i diritti televisivi, la legge Melandri ha penalizzato alcune realtà, sicuraemnte le grandi che potevano vendere da sé il proprio prodotto in tutto il mondo. Non ci ha permesso uno sviluppo analogo. La ripartizione è giusta, ma non è giusto il meccanismo. La Premier ha raggiunto un equilibrio deciso dal sistema, grossa parte di questo sistema anche dalle tv. Il grosso dell’equalizzazione viene data dalla distribuzione di tutti i soldi in parti uguali ad ogni squadra. Quindi, facciamo diventare forte la A e poi dividiamo in parti uguali. Ma adesso aiutiamo le squadre che possono fare da traino al calcio italiano. Ora se ne sta parlando, si può rivedere. L’introduzione della fondazione, della solidarietà. Anche il fatto che la legge decida come distribuire le risorse anche è strano. Va migliorata, dieci anni dopo. Il governo Renzi è interventista, può arrivare. E se non si vuole questo, bisogna avere un ridimensionamento da parte di tutti. Dai tifosi ai giornalisti. Restare così? Sono per rinnovare e crescere, e vedo grandi margini di miglioramento. Farò sempre con grande piacere. Perché più cresce il calcio, più cresce la Juve”.

POTERE – “Gruppo di potere? Mi viene sempre ricordato che i presidenti sono democraticamente eletti, hanno le maggioranze. Come viene composto il consiglio federale? Bisogna andare al ’99 che dà tanto spazio ai dilettanti. Lì i professionisti hanno poca voce in capitolo. Non si specifica, però, sullo sport. Andava fatto, così da dare indirizzo strategico al tutto. Ad oggi il meccanismo politico è stato convinto a votare in una direzione. Bisogna riflettere, come Serie A pesiamo solo il 12%, 0.5 la Juve. La capacità di incidere su questo meccanismo è 0.5%”.

NUOVI MERCATI – “Africa settentrionale, sono paesi che avranno nel breve periodo capacità d’investimenti. Arrivare lì sarebbe un ottimo investimento per la A. L’esempio più eclatante è MediaPro in Spagna, da 200 a 600 milioni. Vendita diretta uguale libertà. Fatto abbastanza? Abbiamo fatto meno di zero, assolutamente no. Tavecchio? Se guardo ad oggi vedo 3 interventi: Financial Fair Play in primis su cui ho perplessità (indice di liquidità è emblematico, fatta senza guardare le eccellenze). Association Trend? Giusto. Ma ci vorrebbero le seconde squadre, con le nuove regole. Problema nostro e in parte dell’Inghilterra. Si prestano 450 ragazzi in Serie A, gli Inghilterra 220. Tutti gli altri solo pochi, perché crescono in campionati competitivi. Ma lo fanno a caso. Di positivo c’è però il progetto sui centri tecnici federali, può portare benefici. C’è bisogno d’istruttori capaci di formare giovani calciatori”.

COMPETERE – “Dovessimo riuscire a vincerla, gliela rinfacceremmo. Per le squadre italiane competere a livello internazionale è più difficile. Non per il fatturato, è proprio sui modelli e sulla visione che abbiamo nel medio e nel lungo periodo. Negli ultimi 10 anni hanno vinto Milan e Inter, oltre a tante finali. In questo momento torniamo al discorso di prima: cosa sta succedendo al calcio italiano? Il mondo diventa globale negli anni 2000 e la capacità di primeggiare fa sì che si abbia una cassa di risonanza imponente. Penso al Barça: alti, bassi. Ma la vera squadra ispanica è il Real. Poi c’è il Chelsea, che magari ha sfruttato gli ultimi anni che ti permettono di entrare in ogni casa del mondo. Così si sfruttano tutte le società affini che aiutano nella crescita”.

STILE JUVE – “Stile Juve? L’hanno dato gli altri. Una volta era questione di capelli. Lo stile Juve è vincere. E sì, esiste ancora”.

RAPPORTI – “Non è che si devono dividere le situazioni, sono figlie dei momenti. È un principio che vale per qualsiasi azienda, Steve Jobs n’è un esempio. Qualsiasi azienda dev’essere superiore ai propri uomini. È anche una questione di cultura. Chiunque si sente più importante dell’istituzione ha un problema. La Juve resta, l’ho detto anche nel discorso di apertura”.

GALATEO? – “Cedere Bonucci alla Nazionale? Non esiste un galateo. Una squadra che prepara una partita si allena. Un conto è allenarsi con Bonucci ed un altro con un ragazzo della Primavera. Lui è rimasto e si allenava. Mandzukic e Dybala si allenava contro Bonucci, è un valore. La domenica è figlio di quanto si fa in settimana. Sono fattori che non vengono capiti. Il beneficio marginale della Juve è averlo 3 giorni con la squadra, oltre al fatto che Leo è fondamentale nello spogliatoio. Per 3 giorni di test fisici, poi? Per lo stage? Ma non è un discorso contro Antonio, è un discorso generico”.

MOMENTI DIFFICILI – “Abbiamo giocato 6 mesi senza allenatore, Conte squalificato per 6 mesi. Quello è stato il momento più difficile. Ho un buon rapporto con Conte. La vicenda? L’ho difeso dal primo momento, lo dissi all’epoca e mi resi conto di quella che era la situazione. Lo difesi dal primo minuto al netto delle pressioni dei media. Cinque anni di grandi successi, ma 6 mesi senza allenatore sono stati tanti”.

SFIDUCIA – “‘Possiamo anche non vincere’? Non ero sfiduciato. Da quel punto di vista no, ma questa Juventus è completa, forse la più forte degli ultimi 6 anni. Sapevamo che ci sarebbe stato un momento di rodaggio, non pensavamo ci volesse così tanto. Straordinarie quelle 25 vittorie, la capacità di quella rosa è clamorosa. Il risultato, facendo la media, è quello giusto”.

SUL MERCATO – “Serivrebbe Marotta. Abbiamo un metodo, la rosa si crea con un processo infinito, è sempre calciomercato. Il momento di confronto tra Marotta, Paratici e Nedved più l’allenatore (a cui io partecipo), io aggiungo gli obiettivi della società. Sanno gli obiettivi, gli investimenti che possono realizzare, il limite della retribuzione. All’interno di questa capacità di fuoco, ruolo o uomini tocca a loro. Alla domanda ci vorrebbe l’offerta. Coi procuratori? Bisogna chiedere a Marotta, io non ne ho a che fare”.

STRANIERI – “Ossatura di stranieri? Crediamo di mantenere la base di 7 o 8 giocatori italiani. Che poi sono i giocatori che percepiscono la reazione della gente, sono quelli che vanno a fare compere ricevendo lamentele e lodi dei tifosi. È fondamentale. Serve che si percepisca il termometro della società. La situazione a settembre? Magari gli altri l’avrebbero capita, ma andavano comunque in discoteca…”

NAZIONALE E JUVE – “Sturaro? Merita sicuramente di far parte della Nazionale, è uno tosto e a me piace”.

POGBA – “Il mercato? Non ho Marotta con me, mi spiace”.

EVENTUALE ADDIO – “Se arriva l’investitore? Se non c’è volontà non si può fare, abbiamo il 63% della Juventus e così è. Non può venire nessuno”.

GLI ULTIMI AGNELLI – “Il futuro? Non essere favorevoli ad investimenti esteri sarebbe non capire il mondo in cui viviamo, questo fatto va letto come un fattore assolutamente positivo. Sono più che benvenuti. Io mi trovo assolutamente in linea con alcuni pensieri degli azionisti, come Saputo, Pallotta. Con loro ho grandissima comunione di visione con quello che dovrebbe essere il calcio italiano. Noi sappiamo dove vogliamo andare, con il nostro brand, storia e obiettivi”.

LA DIFFERENZA – “Cerchiamo di avere una Serie A che torni ad essere il luogo principale per il calcio. Negli anni 80 il calcio si faceva qua, è l’obiettivo. Quello che viene in Europa piace? Bisogna capire cosa serve. Avere un gruppo in Europa che ha dei passaggi scontati può piacere o meno. Si dovrà riflettere. Per intenderci: la NFL la seguono in 250 milioni e fattura 7 miliardi, la Champions League circa 1.6 e 1.7”.

IN EUROPA- “Dobbiamo pensare a dov’erano le grandi squadre negli anni 2000 e dov’erano le tedesche, le inglesi e le spagnole. Qual è stata la loro evoluzione? Quale la nostra? Nel 2006 abbiamo avuto un momento di fortissima discontinuità, da quel momento abbiamo perso competitività. Se guardiamo le caratteristiche del Barça o Real, ma anche quelle del Bayern con le aziende locali, sono tutte peculiarità del mercato. Dobbiamo capire il modello e la missione che vogliamo intraprendere. Così, vedere dove possiamo arrivare nei prossimi 5 anni. Loro hanno avuto anche una serie di leggi che li hanno favoriti, come il fisco. Ma non sono operazioni straordinarie che aiuterebbero in Italia. Cosa aiuterebbe? Capire cosa vogliamo essere. Nell’ultimo consiglio di Lega e abbiamo introdotto il Boxing Day tra due anni. Abbiamo proposto anche Capodanno, ci sarebbero tutti tra stadio e tv. Alla fine abbiamo messo una sola data e tra due anni. Io innovatore? Abbiamo poco da proteggere, bisogna capire cosa vogliamo essere. Se guardiamo al modello inglese facciamo fatica, non abbiamo competitività. La Spagna, con la ripartizione dei diritti tv, ha avuto le stesse cifre degli scorsi anni. Non cambiando nulla. Così hanno prodotto i punti di traino. Mi è capitato di discutere su cos’è meglio: partita combattuta – che piace in Italia – o le partite spettacolari? Allora dobbiamo portare i campioni, e servono soldi. E allora serve investire. Se appiattiamo non possiamo illudere i nostri tifosi e non si può parlare di Champions, vittorie e disfatte. È un ridimensionamento”.

EXOR – “Marchionne non è azionista. L’amministratore delegato di Exor non è Marchionne ma mio cugino John. John è presidente e amministratore delegato. Non è neanche vicepresidente. E’ una persona con cui dialogo volentieri: è una persona competente, di grande cultura. Ho il privilegio di poter dialogare mensilmente con lui, esperienza che mi arricchisce. Non è cosa dice l’azionista che decide. Se fai aumenti di capitale ogni 2-3 anni vuol dire che gestisci società non sano o non appropriato alla società che gestisci. Il rapporto con John non è buone, di più, questo non diverte più la platea di giornalisti. La nostra ambizione è quella di avere autofinanziamento e che ambisca a vincere. Siamo passati da una perdita di 95 ad un risultato dimezzato. Se dovessimo riclassificare senza Irap, troveremmo 40 milioni in più. Dal mio punto di vista la società è ben impostata per reggere le sfide dei prossimi 2-3 anni. Poi è da capire cosa succede nel calcio italiano ed in quello Europeo dove lo scenario può essere diverso”.

GIOCATORI PREFERITI – “Io sono un difensore, quindi pochi fronzoli. Giocoforza io sono più affezionato alla ruvidità, all’essere tosto. Il mio preferito? Montero”

VIRTUOSI E ITALIANI? – “Operiamo nel contesto italiano, ma abbiamo delle limitazioni. La nostra sede è a Torino e giochiamo in Italia, non abbiamo scelte. In questo contesto dobbiamo operare, ponendoci obiettivi raggiungibili. Non scomodo le altre gestioni, con molto virtuosi e altri meno virtuosi, ma negli ultimi 6 anni sono stati sempre rispettati i piani. Se non passiamo a fatturare 350 milioni con tanto di equilibrio finanziario con una squadra che compete ovunque, significa che si può fare. La domanda è come non perdere altro terreno dalle squadre europee”.

I MOMENTI – “”La cosa migliore è stata come è iniziata l’annata e come è finita l’annata. Poi abbiamo dato la Supercoppa alla stagione precedente, ma è di questa stagione. Noi abbiamo iniziato in Cina con un trofeo e abbiamo finito a Roma con un trofeo, ed è quello a cui noi dobbiamo ambire. Partecipiamo a tutte le competizioni con l’ambizione di vincere. Abbiamo iniziato bene e finito bene. La parte più brutta non è la parte più brutta ma la parte più difficile, quindi la gestione da fine settembre e inizio novembre, che poi ha dato il via alle 25 vittorie consecutive. Quello è stato un periodo difficile, sfidante, ma che ci ha dato la dimostrazione che la compattezza e l’unità di intenti fanno la differenza soprattutto nei momenti di difficoltà

AGNELLI MANAGER – “Gestire la Juventus nel 2016 e nell’ultimo decennio è diverso rispetto a gestire una squadra di calcio prima dell’introduzione dei diritti tv. Prima c’erano 6, 7, 8 persone. Quando guardiamo oggi la Juventus, siamo una grande società, con un fatturato da 350 milioni di euro, 700 dipendenti, una dimensione non più ludica. Siamo un’azienda in uno dei pochi settori in crescita. Avere un uomo di fiducia della famiglia è importante rispetto ad un manager puro, anche se abbiamo avuto grandi dirigenti che hanno fatto benissimo in Juventus o in altre società”

VINCERE IN ITALIA – “Uno guarda le principali leghe europee, abbiamo quattro anni consecutivi il Bayern Monaco, quattro anni il Psg, poi in Spagna c’è un duopolio dove si inserisce l’Atletico Madrid. E’ normale che chi gestisce una società ha l’ambizione di vincere e noi dobbiamo averla. Nel mio primo discorso ho usato la parola vincere cinque volte, in un discorso di tre minuto. Chi sta alla Juventus deve solo pensare a vincere. Le considerazioni sul campionato, valido o non valido sono altre, che noi lasciamo a voi opinionisti”

CON GLI ALLENATORI – “Io personalmente no. Ho un rapporto ottimo con Max, ma anche prima con Conte e Delneri.  Sono cresciuto negli spogliatoi e so quanto il tecnico debba essere supportato dall’attività quotidiano. Paratici e Nedved sono quotidianamente con l’allenatore, poi ci sono ruoli delicati come il mio e di Marotta ma io delego le decisioni di campo a gente più competente di me ed il tecnico ha piena autonomia”

MANAGER E TIFOSO – “Da due ore prima della partita nessuno mi rivolge la parola, guardo la partita, in base al risultato c’è ancora una o due ore, dopodichè non torna a pensare la testa del tifoso, ma quella del dirigente che ha la responsabilità dello sviluppo e della crescita della società”

SENSAZIONI – “E’ un piacere essere qui. Spesso vengo criticato perchè non parlo abbastanza e ci tengo a ringraziarvi perchè essere qui e avere la possibilità di dialogare su quello che è il calcio in Italia, in Europa, con questa platea sicuramente sarà un piacere”.

A TORINO – “Che cosa lega la mia Famiglia a Torino, direi tantissime cose. In prima battuta la residenza mia e di mio cugino a Torino, viviamo lì. Se pensiamo ai grandi investimenti che sono stati fatti negli ultimi anni a Torino, dobbiamo pensare alla Juventus con il nuovo stadio e alla fabbrica della Maserati a Grugliasco, quindi grandi investimenti sono stati fatti sul territorio. Se poi vogliamo andare a valutare che la sede civile di FCA non sia più a Torino ma sia oggi in Olanda, ed essere Torino uno dei quattro centri direzionali, vuol dire essere un attimino miopi. Il centro direzionale per l’Europa e l’Africa rimane Torino, quindi Torino rimane assolutamente centrale. Al di là di quegli investimenti, rimane il grandissimo affetto per la città. Per quanto riguarda i prossimi appuntamenti amministrativi, io sono spettatore privilegiato, perchè sono residente a Fiano Torinese, quindi voterò per altri candidati, quindi da questo punto di vista sono spettatore privilegiati. I rapporti miei personali, della Juventus e di FCA, saranno con le istituzioni e i rapporti saranno ottimi”.

ROMA 2024 – “E’ sicuramente una candidatura ambiziosa, come è giusto che si ponga grandi ambizioni una città come Roma, la Città Eterna. Grandi eventi sportivi portano una grandissimo indotto. Ci sono esempi sia positivi che negativi. Grandissimi esempi positivi penso a Barcellona, e ci sono città che hanno avuto meno bisogno di investimenti come Londra. Su Roma, per ammodernare le strutture, penso possa essere un’opportunità sicuramente da non perdere. Da parte mia, se ci sarà bisogno del mio contributo, sarà pieno e totale, perchè l’orgoglio non è solo essere torinesi come lo siamo noi, ma anche essere italiani”.

INVESTIMENTI ALL’ESTERO – “Questi sono esempi. Altri imprenditori italiani ne avevano tre, ne hanno ceduta una. Sono delle possibilità che esistono, sono possibilità che possono essere utili e strumentali per avere un’armonizzazione con altre realtà competitive. Questo deve essere uno dei pilastri del calcio europeo nei prossimi anni. Il fatto di avere extracomunitari in rosa, in alcuni Paesi c’è libertà totale, in altri è contingentato, così come finestre di mercato aperte più a lungo o meno a lungo in altri Paesi. Sono delle possibilità che stiamo valutando, ma al momento non è all’ordine del giorno”.

I commenti sono chiusi.

Impostazioni privacy