Vucinic a La Repubblica: “Alla Juve pareggiare non basta, ogni vittoria aiuta ad ottenere quella successiva”

Uno dei doppi ex di Juve e Roma, al momento le maggiori candidate al titolo di campione d’Italia, ha parlato ai microfoni de La Repubblica. Stiamo parlando di Mirko Vucinic. Dal 2006 al 2011 in maglia giallorossa e dal 2011 al 2014 con quella bianconera.

L’attuale calciatore dell’Al-Jazira ha parlato delle sue due vecchie squadre e ha spiegato le motivazioni dei successi della Juve.

La Roma ha perso altri 2 punti dalla Vecchia Signora lo scorso week end, ricordando i soliti problemi della formazione di Spalletti, al contrario di quella di Allegri: “È vero, ma Empoli ci è stata sempre indigesta. Quando c’ero io non vincemmo mai. Stavolta la Roma ha avuto tante occasioni, è un caso che non abbia fatto gol. Alla Juve è diverso l’approccio. Quando pareggi, è come sei avessi perso. Lo percepisci, pareggiare non basta. Poi vincere aiuta, ogni vittoria aiuta a ottenere quella successiva. Ti metti condizioni mentali favorevoli, ti senti più forte

L’ambiente romano tende a destabilizzare la squadra durante il lungo periodo: “I tifosi a Roma sono così, basta che fai bene per due partite e ti portano alle stelle, ma poi appena fai una cosa male inizi a sentire che la squadra non c’è. E questo alla lunga ti logora. A Torino puoi andare tranquillamente per strada senza essere infastidito da nessuno: non ci sono le radio, o almeno non ce ne sono quante a Roma. La Juve è più forte fuori da Torino. C’è un’attenzione diversa. I calciatori le sentono le radio. Che mettano pressione o meno, le sentono tutti: ricordo che a volte tra di noi si facevano delle battute, tipo: “ho sentito quello che ha detto questo”, “io ho sentito quell’altro, che dice il contrario”. Tutti quanti le ascoltavamo, anche soltanto mentre vai al campo: è inevitabile“.

La diversa abitudine a vincere tra Roma e Juve: “Non ti aiutava il fatto di non riuscire a vincere lo scudetto da tanto tempo. Quando capitava che fossimo in lotta, iniziavi a sentire la tensione anche in partite meno importanti: in quei casi c’è sempre, senti proprio la pressione sul collo, che morde. Anche l’anno di Roma-Samp: ho ancora il rammarico, avevamo fatto un’annata pazzesca. Non pensate che nella Juve non ci sia pressione. Anzi. Quando devi vincere pressione c’è sempre. La vera differenza? Non lo so. Può essere sia più facile perché a Torino sapevi sempre a cosa andavi incontro. E poi c’erano giocatori che avevano già vinto tanto e sapevano darti consigli giusti”.

L’uomo più importante dello spogliatoio bianconero: “Buffon: un leader naturale, uomo-spogliatoio, uomo-amico, uomo-tutto. Ma anche alla Roma ce né uno: è Totti. Tutti pensano sia silenzioso, ma nei momenti di difficoltà è come Buffon: uno che si fa sentire. Che parla, eccome”.

Su Spalletti: “Vi garantisco che non è uno che si fa contagiare dall’ansia: il mister lo conosco bene, rispetto a quando ho lavorato con lui è cambiato molto. Cambiato in meglio, nel modo in cui affronta gli allenamenti, come guarda partite, come sa intervenire in corsa. Mi è sembrato ancora più maturo. Soprattutto nella gestione del gruppo: sa farlo funzionare, ed è un aspetto fondamentale nel calcio di oggi. Fondamentale per vincere“.

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