Juve, che delusione! La coppa dalle grandi orecchie è ormai un incubo con cui convivere

Delusione, rabbia, stupore. Il giorno dopo il cuore dei tifosi bianconeri è affranto dall’ennesima delusione europea. Ogni anno la storia si ripete. L’ostinazione per il raggiungimento dell’eden europeo è divenuto ormai un tabù. A fare ancora più male, però, è il modo con cui i bianconeri escano sistematicamente da questa dannata competizione. Per il secondo anno consecutivo la Juventus non supera gli ottavi di finale avendo di fronte avversarie con un blasone e una rosa ampiamente inferiori. La domanda sorge quindi spontanea: cosa sarebbe successo se ad affrontare i bianconeri fossero state squadre di ben più alto rango?

Eppure l’errore di sottovalutare l’avversario sarebbe dovuto essere evitato viste le cocenti scottature contro Ajax e Lione. Invece no, trenta secondi dopo il fischio d’inizio Bentancur e Szczesny la combinano grossa e la Juventus è subito costretta ad inseguire. Un errore di atteggiamento ripetuto clamorosamente anche all’inizio del secondo tempo quando la Vecchia Signora riesce a prendere un gol fulmineo a difesa schierata. Impossibile commettere strafalcioni del genere in una competizione come la Champions League. Impossibile non venire puniti anche se l’avversario si chiama Porto. È mancata l’umiltà di una squadra che, nonostante i precedenti, era convinta di poter passare il turno perché più forte.

I brutti risvolti del cambiamento

I discorsi triti e ritriti fatti ogni anno al termine delle disfatte lasciano il tempo che trovano, ma è tempo di un’accurata riflessione. C’è da capire il perché questa squadra sia così sbadata, disunita, fragile. C’è da riflettere se la fine dell’era Allegri per far posto ad una nuova fisionomia tecnica e tattica sia stata effettivamente la scelta giusta. La Juventus non giocava un gran bel calcio, questo è innegabile, però volente o nolente il nome dei bianconeri era sempre lì, a lottare fino alla fine. Per due anni il sogno è stato sfiorato e accarezzato, portato via da due delle squadre più forti degli ultimi decenni. E, Ajax a parte, le altre due eliminazioni sono arrivate forse in maniera ancora più tragica, ma sfortunata.

Sfortuna che però non si può attribuire alla Juventus vista negli ultimi due anni in cui ha meritato di uscire in maniera quasi imbarazzante. La convinzione di poter ribaltare in qualche modo il risultato dell’andata si è anche vista dal modo in cui i bianconeri si sono adagiati dopo il 2-1 e l’uomo in più. In quel momento c’era la sensazione che i quarti di finale fossero ormai stati raggiunti. Niente di più sbagliato. Si è pagato a caro prezzo questo atteggiamento: ci si è persi una volta di più in un bicchier d’acqua. Ed ecco che dopo la disfatta europea di Sarri siamo arrivati ad un nuovo punto zero in cui il capro espiatorio sembra essere diventato clamorosamente il giocatore più rappresentativo: Cristiano Ronaldo.

Problema CR7? No, il problema è la Juventus

È innegabile che il portoghese ieri abbia deluso. Tutti si aspettavano molto di più da lui. E se gli ultimi due anni era giusto che fosse lui a chiedere spiegazioni alla Juventus, quest’anno sono i bianconeri a dover domandare a CR7 il perché di due prestazioni così tanto al di sotto dei suoi standard. L’errore sul gol che è costato l’eliminazione è marchiato, folle, ingiustificabile. La prerogativa di chi sta in barriera è quella di essere consapevoli del fatto che la palla possa colpirlo. Girarsi in quel modo è inconcepibile.

La riflessione sul triennio di Ronaldo alla Juventus è doverosa: un quarto di finale e due ottavi. Un fallimento che ha visto protagonisti ambo le parti, impronosticabile quel 10 luglio del 2018. In questo triennio si è notato come anche un giocatore che ha fatto la storia del calcio da solo non possa risollevare le sorti di una squadra palesemente intimorita e non pronta per competere ad alti livelli in questa competizione. Motivo per cui non può e non deve esserci un capro espiatorio, soprattutto se si parla di colui che negli scorsi due anni è stato l’unico a segnare nella fase ad eliminazione diretta.

La riflessione deve essere ben più ampia e approfondita. Essa dovrebbe comprendere oltre ai calciatori (rei di errori inconcepibili a questi livelli), anche allenatori e società, quest’ultima colpevole di non aver acquistato una vera alternativa a Morata, nonché un altro centrocampista di livello e un terzino sinistro all’altezza.

Troppi perché, poche risposte

La confusione tattica con Sarri prima e con Pirlo poi l’ha fatta da padrona: troppi cambiamenti per una squadra ormai abituata ad un modo di gioco ben collaudato. Perché stravolgere un progetto che stava portando degli ottimi risultati? Perché affidare una squadra che ha intenzione di puntare ora alla Champions League a qualcuno che non aveva mai allenato prima? Per quale ragione non costruire una squadra che potesse adattarsi perfettamente ad uno schema di gioco definito in precedenza?

Beh, le domande sono tante in uno dei day after più tragici – sportivamente parlando – della storia recente bianconera. Le risposte però arriveranno in maniera ormai tardiva. Si ripartirà da zero, ancora una volta, inseguendo un sogno che pare ormai diventato un incubo con cui convivere.

Michele Lettieri

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