Tra religione e personalità da vendere: prime impressioni di Bernardeschi in bianconero

Alla fine Bernardeschi ha spiazzato tutti, incredibilmente. I suoi apprezzamenti verso quella maglia numero 10, che lo aveva sempre accompagnato nelle tappe più importanti della sua carriera calcistica, sembravano poter convincere Allegri e Marotta a fare di lui l’erede per eccellenza di un tutt’oggi rimpiantissimo Del Piero. Difficile parlare di buon senso che ha vinto: non sarebbe stato scellerato dare una maglia del genere ad un ragazzo che comunque ha dimostrato di possedere grande personalità, ma di fatto ha prevalso la lucidità di non rischiare di caricare un giovane talento di una responsabilità eccessivamente elevata. Come ho già scritto la scorsa settimana, il tempo per poter consacrare il classe ’94 con il massimo riconoscimento possibile in casa Juventus c’è. Già l’anno prossimo potrà essere adatto in questo senso. Per ora però, non perché non ne abbia le qualità (repetita iuvant), ma forse proprio perché le attese su questo ragazzo sono così alte da non voler essere delusi, la scelta di fargli indossare il numero 33 è stata la migliore possibile: ”Ho scelto questo numero perché sono credente e credo sia questo il significato più appropriato. Il numero 10 me lo devo meritare. Se fosse stato per me lo avrei preso, ma è giusto così”. Alla fine a tutti sta bene così: Bernardeschi dovrà solo pensare ad impegnarsi al massimo e crescere, il resto conta poco.

PERSONALITÀ DA VENDERE

Proprio a sostegno del fatto che il ragazzo abbia una personalità invidiabile, e che non concedergli la numero 10 sia stata solo una scelta di prudenza, è intervenuta la conferenza di presentazione di qualche ora fa al Babson College di Boston. Dimostri più dell’età che hai’ ha sentenziato un giornalista presente in sala. Sì perché il ”Berna” nel rispondere alle domande della stampa ha dato prova di una maturità, di una lucidità e di un carattere difficilmente riscontrabili in un ragazzo di soli 23 anni. Prescindendo dallo stile, alquanto discutibile, con cui è solito colorare il suo guardaroba, l’ex Fiorentina si è districato tra le domande con la stessa facilità di un veterano, consapevole del percorso intrapreso, delle difficoltà a cui andrà incontro e, finanche, dei limiti che, ad oggi, caratterizzano il suo calcio. Dovrò migliorare su tantissimi aspetti e lo farò grazie al mister. Sotto il profilo tecnico non entro nel dettaglio, ma ci sarà da lavorare tanto e bene” ha ammesso Bernardeschi che peraltro non ha perso tempo nel dedicare una critica sociale a coloro che lo hanno infamato attraverso degli striscioni al momento del suo addio alla maglia viola: Purtroppo c’è una parte di tifoseria malsana. Le persone da ringraziare sono quelle che nonostante tutto ringraziano e augurano l’in bocca al lupo. Io fortunatamente ho carattere, il problema sorge quando vanno a colpire persone fragili e questo credo sia un guaio sociale di oggi”. La prima impressione è fondamentale e quella che Bernardeschi ha dato ai tifosi e agli addetti ai lavori è più che positiva. E poco importa se la maglia che ha scelto rispecchia una questione di fede religiosa piuttosto che calcistica: ciò che conta è riversare tutto il carattere dimostrato davanti ai giornalisti nel rettangolo verde. A quel punto arriverà anche il premio, e fortunatamente il nazionale italiano è già consapevole delle difficoltà che implicherà ottenerlo. In bocca al lupo, Berna!

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