Juventus Football Club: azienda o top team?

Non illudiamoci, è inutile. Non nascerà più un nuovo Del Piero, Buffon, Nedved, Trezeguet e (aggiungerei) Marchisio. E neanche un altro Manzoni, Leopardi, Hugo, Schlegel. Il romanticismo è morto: nel calcio così come nella letteratura. Non esistono più bandiere, ma solo bandieruole pronte ad esser sventolate da una parte e dall’altra al primo soffio di vento. Bonucci potrebbe essere uno di una lunga serie destinata a perdurare. Il giocatore, forse per un rapporto con Allegri mai idilliaco, pare abbia chiesto di andar via. E la Juve cosa ne pensa? I possibili approcci al caso sono due: da azienda o da top team.

JUVE-AZIENDA

La Juve, oggi, è un’azienda a tutti gli effetti. Tutto il calcio, in effetti, ha adottato questo metodo imprenditoriale. Gli anticipi – e romantici – patron hanno abdicato in favore di ricchi e potenti investitori asiatici o magnati russi o americani. Anche la Juventus, pur mantenendo intatta la tradizione familiare, ha spostato nettamente l’ago della bilancia. La cessione di Bonucci si presenta quasi come un’occasione irripetibile. Difensore centrale – perlopiù trentenne – che frutterebbe 40 milioni. L’occasione, se la pensi da aziendalista, è tra le più ghiotte: negarlo è inutile. Sarebbe inoltre l’ennesima plusvalenza portata a termine da Beppe Marotta. La Juve nel 2010 acquistò un promettente ragazzino per 15 milioni: adesso vende un uomo maturo di 30 anni a quasi il triplo.

JUVE-TOP CLUB

Spesso però l’approccio aziendalista accontenta solo presidenti, giocatori e mediatori dell’offerta. La squadra che perde il proprio gioiello, sul campo, rischia di patirne le conseguenze. Bonucci, con il cambio modulo e la conseguente difesa a 4, forse non è più imprescindibile per la Juventus, ma rimane comunque un pezzo pregiatissimo della scuderia. Tuttalpiù, con Chiellini e Barzagli spesso e volentieri in infermeria, cedere il viterbese potrebbe essere un grosso passo falso. Diversi club, durante la storia del calciomercato, hanno battuto forte il pugno sul tavolino davanti a chi faceva i capricci. Émile Durkheim teorizzava la superiorità della società sull’individuo che, con o controvoglia, doveva pedissequamente accettare alcuni verdetti. Esempio lampante potrebbe essere il caso Verratti, destinato a rimanere al PSG. I parigini hanno fatto ben capire al pescarese che al Barça non l’avrebbero mai venduto. Il giocatore, più o meno convinto, si è ritrovato costretto ad accettare il responso del club. Con la cesura – si presume, ma il mercato resta imprevedibile – della trattativa il club di Al Khelaifi dà al mondo del calcio una gran dimostrazione di forza. La Juve, invece, rimane impassibile di fronte la volontà del giocatore.

Dimostrazione di debolezza? Forse no, forse la Juventus è più un’azienda. Quei milioni forse fanno davvero comodo. Forse verranno reinvestiti per arrivare ad un top player in mediana. Tanti punti interrogativi, una sola (quasi) certezza: Bonucci sarà presto un giocatore del Milan.

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