Zaza pesca la “pipita”, Juve capolista!

Oh oh oh, ma guarda un po’! Nonostante abbia iniziato il campionato con dieci giornate di ritardo, la Fidanzata d’Italia si è ricollocata nella posizione che le compete: sul tetto di quello che veniva considerato il campionato più bello e avvincente degli ultimi anni e che “finoallafine“, non ne dubitiamo, riproporrà tutti i tormentoni antijuventini precipitosamente messi in soffitta lo scorso autunno e recentemente rispolverati nel tentativo di indirizzare diversamente l’ordine naturale delle cose.

Intanto, nel giorno dedicato agli innamorati, la Signora si è riconciliata con l’amore della vita, il primo posto, a seguito di una serata sostanzialmente “normale” in cui ha fatto valere la Legge dello Stadium ai danni di un avversario altrettanto normale, soprattutto in termini di mentalità.

L’iper celebrata formazione vesuviota, infatti, oltre a un’egregia organizzazione difensiva ha dimostrato poco o nulla e pagato a caro prezzo l’indecisione sul tipo di gara da condurre; una squadra con maggior personalità e convinzione di prevalere avrebbe cercato di approfittare della sesquipedale emergenza del reparto arretrato bianconero anziché contentarsi di mantenere inalterato l’esiguo vantaggio con il quale si è presentata a Torino, invece ha prevalso l’atavica abitudine a vincere nulla e, giustamente, è stata punita.

La partita, sia chiaro, non è stata bella e nemmeno sarebbe stato lecito attenderselo; tatticamente bloccata e a tratti quasi noiosa, ha inscenato uno spartito nel quale le due squadre, molto corte e attente a non subire, hanno affidato al contropiede le aspettative di colpire l’antagonista.

Contese di questo tipo, dal sapore quasi scacchistico, si risolvono solitamente sul filo di un episodio, che può essere prodotto dalla genialata di qualche talento o da un errore non provocato, piuttosto che dalla diversa qualità dei cambi in corsa operati dai Napoleoni della panchina.

Il tenutario di quella sabauda e gestore tecnico del fatturato di Madama, posto nella condizione, invero sgradevole, di non potersi esimere da un avvicendamento obbligato ( Rugani per Bonucci ) maturato per uno scontro tra compagni dal quale, miracolosamente, è uscito indenne Khedira…, e con lo stesso tedesco considerato a scadenza ha, per quanto in ritardo, sollevato l’ectoplasma di Morata da ogni incombenza per sostituirlo con il motivato, sveglio e possente sacripante di Policoro, che lo ha ripagato con la terrificante zagaglia scagliata verso la porta di Reina, divenuta letale anche in virtù della correzione di Albiol.

Alla dinamica dell’azione che, a giochi fatti, ha riscritto le gerarchie del torneo, poteva forse mancare il contributo di A. Sandro? Il brasileiro, subentrato a Dybala un attimo primo che i titoli di coda cominciassero a scorrere, è riuscito comunque ad incidere recuperando il pallone che ha permesso a Zaza di esplodere la sua voglia matta e ai 41.000 presenti sugli spalti di liberare una gioia opportunamente carnascialesca.

Tutto quel che è accaduto prima si può riassumere in un meraviglioso salvataggio di Bonucci che ha letteralmente interrotto la salivazione di Higuain per un goal mai degustato e in un rigore in movimento inopinatamente fallito dal “Sivorino” su invito di Pogba.

Poca roba, ma nessuna sorpresa, giacché questa Juventus, limitatamente alle sortite casalinghe, sono ormai tre incontri che produce il minimo sindacale in attacco, mentre continua a rischiare nulla dalle parti di Buffon, protetto da un Barzagli assolutamente monumentale e da un Marchisio mostruoso in qualità di frangiflutti.

Fosse finita in parità sarebbe stato forse più giusto e riteniamo che i bianconeri abbiano accarezzato parecchio l’idea di perseverarne il mantenimento, ma considerando gli incidenti di percorso che ancora una volta hanno loro precluso il miglior schieramento possibile e la caratura di certe alternative, sovente decisive, non è blasfemo considerare la pesca del jolly pigliatutto che li ha premiati oltre misura come un atto di suprema giustizia.

Da Pulcinella a Balanzone il passo è brevissimo. La zebra deve dimenticare subito l’ultimo traguardo volante e catalizzare tutta la propria attenzione sull’impegno che la reclama all’ombra delle due torri, peraltro decisamente più importante di quello appena smaltito perché si presenterà da Capolista e con l’obbligo di non rovinare quanto confezionato durante la lunga cavalcata vincente.

La cronometro continua, ma ora il panorama è sgombro e l’unico vero avversario il tempo; è quindi cogente pigiare sui pedali senza indulgere nella tentazione di guardare nello specchietto retrovisore.

C’è una “manita” che chiama; non sarebbe educato farla attendere.

Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )

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