Andrea Agnelli, il capro espiatorio della Super League

La Super League non si farà. Pare ormai chiaro il futuro del calcio europeo dopo la rivolta mediatica contro il progetto dei 12 club secessionisti, che ormai sarà nell’egida della nuova Champions League targata (come sempre) UEFA. Al netto delle valutazioni individuali che ognuno può dare sull’accaduto sembra però che nessuno si sia reso conto che gli attacchi contro Agnelli siano arrivati all’eccesso.

LA SITUAZIONE INIZIALE

La Super League era nata con lo scopo di far gestire i proventi della “coppa europea” direttamente ai club, che si erano impegnati a prendere in prestito 3 miliardi di euro dalla J.P. Morgan e a restituirli in 23 anni, con l’istituto americano che si sarebbe portato a casa ben 6 miliardi dopo due decenni.

Nonostante il vil denaro sia la motivazione dietro la secessione tentata e non riuscita, il punto della discussione rimane sempre lo stesso. Il sistema calcio è sostenibile? La UEFA ha fatto il massimo durante la pandemia? Ci sono margini di crescita per tutti i club?

La risposta alle tre domande è no. Che il sistema calcio non sia più sostenibile lo dimostrano i debiti in aumento esponenziale che ogni club accumula per avere sempre un migliore “prodotto da vendere“. I debiti della Juventus sono superiori a 460 milioni di euro, quelli del Chelsea addirittura a 1.5 miliardi, e non è un caso che tutti i club coinvolti nella Super League abbiano sperato di sistemare i bilanci con il nuovo campionato.

La UEFA si è dimostrata completamente assente durante la pandemia, eccetto per la sospensione del Fair Play Finanziario. Va però considerato che nel corso degli anni il massimo organismo europeo ha sanzionato duramente solo società di secondo o terzo piano (eccezion fatta per il Milan), permettendo a PSG e Manchester City di continuare a spendere e spandere.

Il meccanismo della “plusvalenza” ora non funziona più, perché i margini di crescita si sono bloccati. I club boccheggiano e possono soltanto sperare di intascare tramite la vendita di pezzi pregiati a coloro che possono permetterseli, ma qui si ritorna al discorso del Fair Play Finanziario: è un circolo vizioso.

IL PROGETTO

La Super League voleva ovviare a questi problemi. Non è un caso che i club più esposti però siano stati Real Madrid e Juventus. Perez è sempre attento alle dinamiche del mondo del calcio e così anche Agnelli, che aveva raggiunto posizioni di primo piano nella UEFA e nell’ECA (di cui era Presidente).

I due hanno cercato di attirare investitori internazionali e club di primissima fascia, e a dire il vero ci sono riusciti. La comunicazione è stata però completamente fallace e l’aver “agito con il favore delle tenebre” si è rivoltato loro contro. L’aver reso noto al mondo la Super League a mezzanotte tra domenica e lunedì è stato sicuramente il modo di saggiare la reazione del pubblico, che è stata completamente negativa.

Va però considerato cosa intendeva “il popolo del calcio” quando ha protestato in strada (in Inghilterra, dove si può) contro la riforma. Il problema era la creazione di una élite irremovibile data dai soli cinque post annuali per merito e dai 15 sempiterni per “fondazione“. Il calcio è sempre stata l’essenza della sfida dei piccoli contro i grandi, e questo ha portato ad una vera e propria rivoluzione.

Non si può dire che ciò sia sbagliato. Va però sottolineato che il bersaglio degli attacchi è sempre e stato solo il Presidente Agnelli.

IL CAPRO ESPIATORIO

Nel corso degli anni qualsiasi appassionato di calcio che lo guardi obiettivamente può notare come parlare della Juventus faccia sempre più rumore. In Italia si è arrivati anche alle interrogazioni parlamentari contro la Vecchia Signora, e questo francamente è troppo. Le critiche si accettano, le offese no: Ceferin è un esempio.

Le sue dichiarazioni contro Agnelli rasentano la follia. Ceferin ha sostenuto di non aver mai conosciuto una persona peggiore di lui “nonostante per lavoro avesse incontrato criminali di guerra jugoslavi“. Francamente ci sembra anche impossibile commentare: la Super League non è Srebrenica.

In Europa ci si dimentica del ruolo di Perez, in Italia di quello di Milan e Inter. Zhang ha fatto marcia indietro senza che arrivasse nessuna accusa, Gazidis è ancora lì nella Super League a salvare il salvabile. Perché questo sia avvenuto è un mistero, o forse no: è chiaro che per tutti Agnelli è un capro espiatorio e così va trattato.

LA SOLUZIONE

Cosa rimane della brutta storia della Super League? La rabbia (giusta) del “popolo del calcio“, quella (ingiustificata) della UEFA, gli attacchi contro la Juventus. Perché come sempre è più facile parlare dei bianconeri che dei veri problemi del calcio italiano ed europeo.

La soluzione è molto facile: dobbiamo contestualizzare. Degli errori sono stati fatti e le intenzioni non erano delle più lodevoli, ma ora basta. Agnelli non va portato sul patibolo perché le sue colpe sono divise con altre 12 società. Colpirle tutte equivarrebbe a far collassare il calcio europeo. Ma evidentemente a qualcuno basterebbe far collassare la Juventus.

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