Juve e Conte, storia e fine di un amore logoro

Le scene viste ieri sera durante e dopo la gara tra Inter e Juventus fanno male al calcio e a chi questo sport lo vive con intensa passione e sconfinato sentimento. Perché benché fosse chiaro che Conte e i bianconeri non si fossero lasciati benissimo, è impossibile dimenticare ciò che il mister abbia dato a questi colori da calciatore prima e da allenatore poi. È alquanto innegabile, però, che se qualche tifoso avesse perdonato l’approdo a Milano del tecnico leccese, ieri si è scritta la parola fine ad un amore logoro.

La professione porta anche a questo. Conte è un vero professionista, come è giusto che sia, ma ci sono modi e modi per ammiccare la propria tifoseria. Il gesto rivolto probabilmente alla panchina bianconera al termine del primo tempo ha creato un solco forse incolmabile con quello che è stato l’uomo Conte per la Juventus.

Una società che lo difese fino al midollo, incondizionatamente, quando venne implicato nel turbinio del calcio scommesse. Una società che lo fece crescere e diventare ora l’allenatore più pagato della Serie A. Sia chiaro, il percorso dell’ex mister del Chelsea è stato vincente soprattutto grazie alle sue doti innegabili da motivatore che resero una squadra che veniva da due settimi posti imbattuta e scudettata al suo primo anno a Torino.

IL RISTORANTE DA DIECI EURO

L’amore dà, l’amore toglie. E nell’estate del 2014 le strade si separarono bruscamente. Il famoso ristorante da dieci euro si trasformò presto in uno da cento, nonostante il mancato arrivo di Iturbe, tanto voluto dall’ex capitano bianconero. Conte abbandonò una nave che prese in costruzione e che rese un forziere. Lo fece perché la sua forte personalità e la sua brama di vittoria si scontrò con la visione futuristica di una società che stava programmando tassello dopo tassello un futuro roseo, iniziato anche e soprattutto grazie al tecnico leccese. Quell’addio, però, restò indecifrato dall’ambiente bianconero che tanto si era affezionato a quell’ideologia, a quel mordente e a quella fame che Conte aveva in tre anni radicato negli occhi e nei volti dei propri giocatori.

Il resto è storia e porta alla partita di ieri. Una gara difficile, bloccata, iniziata con un episodio in cui Lautaro Martinez calcia il terreno. Un episodio da rigore secondo il tecnico nerazzurro. Gli animi si scaldano e il battibecco con Bonucci prima e con Agnelli poi è solo la goccia che fa traboccare un vaso già sull’orlo del precipizio. Sono volate parole grosse da ambo le parti, errori imperdonabili in uno stadio superficialmente vuoto, ma colmo di rancore.

IL RISPETTO PORTA RISPETTO

Antonio Conte al termine della gara chiede e pretende rispetto per il proprio lavoro. Ma chi chiede rispetto deve innanzitutto saperlo dare. E il dito medio in mondovisione non è certamente un gesto rispettoso nei confronti di una società e una tifoseria che lo ha erto sul piedistallo per tutti questi anni. Una società che conserva la sua stella allo Stadium, come simbolo del juventinismo. Come detto prima, il calcio è sentimento e ieri sera la parvenza di una scintilla d’amore è presto diventata altro. Non certo indifferenza, perché se c’è un qualcosa di definito che si può dire di Antonio Conte è che non lascia mai indifferenti. Il suo animo bellico (nel senso buono del termine) è ammirabile se visto dalla parte giusta.

Lui dà tutto e anche di più per vincere, l’obiettivo primario da raggiungere. Andando contro tutto e tutti qualora ne fosse necessario. Un connubio che si è sempre ben accostato ai colori bianconeri. Ed è anche per questo che vedere quelle scene fa male. Perché in fondo Antonio Conte e la Juventus sono più simili di quanto si possa pensare. Una similitudine che li ha portati ad amarsi prima e a litigare, poi. Ora però è arrivato il momento di dimenticare il passato, che per quanto possa essere stato florido e vincente da ambo le parti fa pur sempre parte di qualcosa già vissuto. Da condottiero a rivale, la storia d’amore tra Conte e la Juventus può quindi dirsi finita una volta per tutte.

Michele Lettieri

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