Da Benatia a Bentancur: quando i rigori non hanno lo stesso peso

Sono passati poco più di due anni dall’11 aprile 2018, da quel famoso contatto in area di rigore a tempo scaduto tra Benatia e Vasquez, il quale impedì alla Juventus di giocarsi la qualificazione in semifinale di Champions League ai tempi supplementari, al termine di una grande rimonta contro quel Real Madrid – poi vincitore del torneo – contro cui aveva perso 0-3 in casa all’andata (di cui ricorderemo sicuramente la rovesciata di Cristiano Ronaldo).

Come nella partita del Bernabéu, anche la gara di ieri sera contro il Lione ha visto protagonista un calcio di rigore.
Il penalty, molto dubbio, concesso da Zwayer ai francesi causato dalla scivolata di Bentancur infatti, se non ha indirizzato l’inerzia del match nella parte opposta a quella dei bianconeri, ha quantomeno reso l’impresa ancora più dura.

Sì, impresa, perché inevitabilmente, complici i ritmi post-covid a cui ci siamo ormai abituati, complice un’annata non facilissima per quanto riguarda il tanto agognato bel gioco (visto rarissime volte in questa stagione) ci si aspettava una Juventus diversa; ci si aspettava una Juventus arrembante, pronta finalmente a scrollarsi di dosso una stagione, citando Gigi Buffon, “di luci e ombre”, non povera di critiche, per approdare nella fase finale del torneo, quest’anno eccezionalmente in formato final eight.

Rispetto alla gara del 2018 contro il Real Madrid, infatti, dove la Juventus è stata capace di rimontare 3 gol, fuori casa, in uno stadio come il Santiago Bernabéu, contro quel Real Madrid e contro quel Cristiano Ronaldo, nella partita di ieri sera è mancata la giusta mentalità. Se nel dopo partita – caldissimo – del Bernabéu, Buffon parlò di “secchio dell’immondizia al posto del cuore” a sottolineare, anche se con modi non proprio illustri, la brutalità della sconfitta, figlia di una grande prestazione, di una grande mentalità e di una grande voglia da parte dei bianconeri, ora il veterano della Juventus non può far altro che essere deluso e commentare con l’amaro in bocca: “Siamo tutti amareggiati dopo questa partita. Sogniamo questa coppa, ogni anno sembra possa essere quello buono”.

E sono proprio le parole del portiere della Juventus nei rispettivi post partita a doverci far riflettere sulle due eliminazioni dei bianconeri, quella del 2017/18 ai quarti di finale e quella di quest’anno agli ottavi.
Dichiarazioni dal gusto contrastante, a rimarcare il cambiamento di mentalità che ha subito la Juventus, finora oggettivamente non positivo.

Da un lato nelle parole di Buffon c’era quel sentimento di rabbia, generato appunto dall’aver dato tutto nei 90 minuti di ritorno contro i blancos, dall’aver gettato fino all’ultima goccia di sudore per ribaltare un risultato, che prima della partita sembrava insormontabile.

Dall’altro invece, contro il Lione, sono emersi tutti i limiti della squadra di Maurizio Sarri, che non può e non deve passare per l’unico responsabile, che per quasi tutta la stagione si è retta sulle giocate dei suoi due fuoriclasse, Cristiano Ronaldo e Paulo Dybala, con un centrocampo che per buona parte dell’annata è parso incolore.

Ha ragione quindi il presidente Agnelli quando nel post partita parla di “valutazioni da fare a 360 gradi”, perché la Juventus, se vuole veramente raggiungere il sogno – se si può parlare ancora di sogno Champions League – non può e non deve essere quella vista ieri sera o quella vista per buona parte della stagione. Perché voltare pagina non serve a niente se non si è capito ciò che si è letto nelle pagine precedenti.

Lorenzo Villanetti

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