Rieccomi, mia Juve: tornerò da grande

22 settembre 2012 – 7 novembre 2018: 6 anni, 1 mese e 15 giorni di differenza, all’incirca. Dal primo bacio di Pogba allo Juventus Stadium (con i conseguenti, e perfettamente comprensibili, “wow!” dei tifosi) alla prima visita del francese (ora campione del mondo) da avversario. Mai rivale, mai nemico, perché il colore del cuore non si svernicia così facilmente come si può cinicamente pensare. Paul Labile Pogba, all’ingresso dei cancelli di Vinovo, era un comune ragazzone di cui si diceva un gran bene: “viene dal Manchester United, si è lasciato poco bene con Ferguson, può essere il nuovo Pirlo”. Ad Old Trafford ci è poi tornato, ma il nuovo Pirlo non è mai stato. Molto diverso, ma molto più di quanto ci si aspettava.

POGBA E LA JUVENTUS: COME TUTTO EBBE INIZIO

Primi calci al pallone, timidi, in un Trofeo Berlusconi come tanti altri. Bei lanci, bei tocchi, personalità da vendereFarà strada questo qua, ma diciamolo a bassa voce che sennò porta male. Poi, con Vidal, Pirlo e Marchisio, vai a vedere che sarà una meteora qualsiasi… E invece. Arriva con l’etichetta addosso di erede designato del numero 21, ma l’allora allenatore bianconero (Antonio Conte) intravede qualità di cui non si era accorto praticamente nessuno. Il francesino ha un tiro spaventoso, pettina il pallone come i più delicati trequartisti e potrebbe essere sicuramente decisivo qualche metro più avanti. Magari accentrandosi dalla sinistra: perché no?

Il 22 settembre 2012, dicevamo in apertura. Si gioca Juventus-Chievo, un post Champions come tanti altri. O forse no. Perché Quagliarella aveva appena agguantato un punto insperato a Stamford Bridge, certo. Perché Sorrentino parava tutto il parabile, come al suo solito. Fino ad altri due squilli di Quagliarella, appunto. E ci vogliamo mettere pure una “comparsata” dell’ex interista Lucio? Mettiamocela, perché la serata era adatta. Ma le attenzioni dei più (e come dar loro torto…) erano concentrate sul numero 6.

Alto, possente, con una fierezza introvabile per un ragazzo di appena 19 anni. L’esordio fu “normale”, soprattutto in relazione a quanto fatto vedere dopo. Partita pienamente sufficiente nel cuore del centrocampo e una pacca sulla spalla meritata per Marotta e Paratici, che ci avevano visto ancora una volta molto lungo.

L’etichetta di nuovo regista bianconero, però, non convince Conte. Ok, tocchi bene il pallone, ci dai ordine e fisicità, ma puoi spaccare il mondo se ti fai un po’ più in là. Qualche panchina, qualche ingresso a partita in corso, poi un gol. E che gol! Il Napoli si inginocchia (la prima di tre volte) a Paul, che dà sfogo al suo sinistro, per giunta il piede meno buono (ma davvero?!).

I tifosi sono increduli, iniziano presto a convincersi di aver trovato un nuovo tesoro da custodire gelosamente. Da lì in poi, è accademia pura per il francese. Gioca come vuole e dove vuole, ringrazia Conte per averlo scoperto in una nuova posizione e decide che incantare un moderno museo del calcio come lo Juventus Stadium non è poi così male come impiego settimanale per crescere.

Tant’è che, a ridosso di ogni estate, i 40.000 dello stadio bianconero – impauriti per le possibili decisioni di calciatore e società – intonavano sempre e solo lo stesso coro: “Non si vende Pogba!“. La Gazzetta dello Sport, addirittura, parlava di petizione: coinvolgere tutto il popolo juventino per convincere il giocatore. Cose dell’altro mondo e, ovviamente, mai realizzate.

IL RAGAZZO SI È FATTO UOMO

Pogba, dopo 4 stagioni di successi, è tornato nella sua prima casa calcistica. Il Manchester United lo ha convinto con progetto, blasone e tanti soldi e, dopo un primo anno non entusiasmante, il ragazzo si è rifatto vivo come aveva ampiamente garantito con idee e giocate. Fascia di capitano con Mourinho (e polemiche di Scholes), Mondiale vinto da straordinario protagonista (e da mediano…) con la sua Francia, con tanto di gran gol in finale. No, macché: ma quale sopravvalutato… Le chiacchiere da bar che accompagnavano le sue performance italiane non lo hanno mai (e meno male!) scalfito: Pogba ha dimostrato sin dai suoi primi giorni bianconeri di essere un diamante troppo prezioso per essere trattato da mani non esperte.

Il 7 novembre arriverà a breve: qualche partita di campionato, tre di Champions League e finalmente il nuovo incontro. Il primo da avversari, dopo quella sfolgorante esperienza iniziata nel 2012. Paul ha rappresentato una pagina della storia bianconera che, magari, non finirà in copertina, ma che non lascerà mai indifferenti tutti coloro che accompagnavano le sue bordate con un sonoro “Pog…boom!“.

Siamo sicuri che, in quella fredda serata autunnale, Torino sarà riscaldata dagli applausi di tutti quei 40.000 (e oltre) che sin dal settembre 2012 hanno imparato a sgranare gli occhi, ad emozionarsi (sportivamente parlando), a gioire per le prodezze di un ragazzo (che ora si è fatto uomo) che risponde, come pochi altri, nel calcio di oggi, al concetto di “merce rara“.

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