Douglas Costa è la tempesta perfetta

Il lampo non è nient’altro che il presagio di una tempesta: e Douglas Costa non è nient’altro che il rumore della pioggia e del vento forte che sposta alberi e difensori. Diluvia prepotentemente sugli avversari, irrompe con astuzia e potenza nelle fondamenta di un Bologna che si rivede stanco, affaticato, poco stimolato in un match che all’interno della sua storia può essere solo una piccola scossa. Non la svolta.

La svolta è il brasiliano, lo è dall’inizio della ripresa alla fine dei giochi. Perché il triplice fischio sancisce la vittoria dei fattori: Douglas è anche questo. Anzi: è il fattore in più di una squadra che altrimenti si ritroverebbe a farsi troppe domande scomode. Che a scavare a fondo, qualcosa esce. Che per fortuna, ci si ritrova solo a contare i tre punti emersi in superficie.

LA DIPENDEZA DA COSTA

La meraviglia dei paradossi calcistici: Costa è quanto di più dannoso possa esistere per la Juve. Perché? Perché è una dipendenza, nulla in più. Un dolce vizio, una mancanza asfissiante quando non c’è, un piccolo microcosmo a parte che ti apre una finestra sulla tranquillità di certe notti. Il tempo di mettersi a suo agio sul prato di Torino: poi il suo apporto è un lungo fumare possibilità, un lungo depositare tutta quella cenere in cui si sciolgono determinati momenti.

Non esisteva più il vantaggio di Verdi: esisteva la possibilità di ribaltarla grazie all’estro e alla qualità di un giocatore incredibile. Non esisteva più il blocco a centrocampo e la difficoltà nel superare l’uomo: c’era un fulmine di speranza che s’alimentava d’attesa e sbriciolava l’agonia di un primo tempo con mille storie ancora non scritte. E definitivamente tramontate all’alba della vittoria che verosimilmente dà il titolo.

I NUMERI

Non tramontano invece i numeri dell’esterno: 13 assist. Tredici. E un pezzo di tricolore che sul retro porta la sua firma in calce, con tanti saluti a chi non credeva in lui. Ma Douglas è serenamente questo: un anarchico in un mondo che vive di troppe regole, che non sa più prendere l’estro e metterlo a capo di un movimento calcistico che sta figliando pezzi di storia.

E lui, il brasiliano che si è incastrato in un puzzle tattico diverso, il velocista che accende un mondo difficile da alimentare, il campione infilatosi in un contesto di simili e maestri, è il giusto testimonial della rivoluzione mentale e tecnica di questa squadra: più dinamica con la sua magia, più imprevedibile con le sue serpentine, più Juve con quel sinistro che ammattisce il campionato. Che l’ammazza. Che lo divora. Che lo sentenzia.

Se il lampo è il preludio della tempesta, Douglas Costa è la fine dei giochi e contemporaneamente l’inizio di un nuovo racconto. La pioggia arriverà, come in ogni primo giorno che si rispetti: ma sarà bellissimo sguazzare in acqua nuova e fresca.

Cristiano Corbo

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