Questa è la Juventus di Massimiliano Allegri

Quando arrivò a Vinovo, in pochi gli volevano bene. Dev’essere stato sicuramente antipatico arrivare e sentire tutt’altro che incoraggiamenti. Invece, con il successo di Cagliari, Massimiliano Allegri è arrivato a 200 vittorie in serie A di cui 100 sulla panchina della Juventus, la sua autostrada. Passato da una sconfitta col Lucento a due nelle finali di Champions League in tre anni, Max ha imposto le leggi della semplicità, della gestione senza ansie, delle geometrie variabili, della pancia vuota e della panca piena.

Anche perdendo, ma cambiando. Non se stesso ma molto la Juve. “A me con ‘sti numeretti mi fate impazzire: gli schemi li fanno i giocatori. Ci divento matto: perché la partita inizia alle tre e finisce a un quarto alle cinque, ma dalle tre a un quarto alle cinque ci sono tante partite dentro una partita.”. Ricetta: “Il calcio è semplice: basta dare la palla a quello con la stessa maglia…”.

LE STERZATE DI ALLEGRI

Il calcio è semplice, ma a un certo punto ha bisogno di sterzate. Fondamentale quella di un anno fa col sistema pentastellato e di quest’anno col centrocampo a 3. Nella partita contro il Cagliari, la squadra bianconera ha fatto tre diversi assetti in soli novanta minuti. Alla Sardegna Arena, la Juventus pareva messa per tutto il primo tempo in tre modi diversi: difendeva a tre secondo un 3-5-1-1, poi spalmava un 4-4-1-1, poi Matuidi saliva e si allargava (come successo già a Napoli) e ti trovavi apparecchiato un 4-2-3-1. I numerini lo fanno impazzire ma se in altre squadre è tutto più protocollato e fisso, il suo è un calciobalilla fluido.

MAX, MA CHI GIOHA?

In tutto questo, gioca chi sta davvero bene. Allegri sa domare le stelle. “Un po’ di panchina fa bene e fa correre di più” ha detto recentemente. Sorridendo e applicandola. Fra i tormentoni che lo accompagnano nelle conferenze stampa c’è la sua serenità nel dire chi gioca e chi no. Molti fanno pretattica, ma se lui ha deciso che un giocatore andrà in campo dice “gioha“; se non ha deciso ammette la fase del dubbio.

Buffon ha detto che sono poco pubblicizzato? Io mi diverto a fare l’allenatore, vado in campo, poi
quando smetto ed esco ho altre cose da fare, altrimenti mi rincoglionirei parecchio. Ringrazio Gigi, però i risultati che ho conseguito li hanno ottenuti tutti i ragazzi che ho avuto.”. E di giocatori forti ne ha avuti: anche in panchina o in
tribuna…

PANCHINA PER TUTTI

La sua forza all’interno del sistema Juve, Allegri l’ha sublimata un anno fa con lo sgabello di Oporto. Non suo ma di Bonucci, col quale nacque uno scazzo in vetrina (Juventus-Palermo) e no. “La vita è così – disse Allegri sottintendendo le varie espressioni di disappunto di alcuni giocatori in quella stagione –: ne capitano tante e a un certo punto tocca a uno pagare per tutti…”. E fu Bonucci, che rimase in tribuna per Porto-Juve per poi prendere la
direzione del Milan. Quest’anno, Gonzalo Higuain s’è fatto due panchine di fila: poi è entrato e ha spaccato l’Olympiacos.

Stessa sorte per Mandzukic, soldato multitasking. Con Dybala è andato addirittura oltre: tre panchine di fila che hanno fatto rumore con annesse carezze e provocazioni a Vinovo. Una volta i “buoni” giocavano sempre? Adesso pure – ecco l’assunto – perché di scarsi alla Juve non ce ne sono. E quindi la panca capita a tutti.

“ALLEGRI? UN PARACULO…”

La sostanza è che se una volta c’erano le Juventus di Del Piero o Vialli, di Platini o Tevez o Pogba e Pirlo allenate dai vincenti Lippi e Trap e Conte, adesso il turnover assistito e imperante ha portato la bussola verso la panchina: è la Juve di Allegri, e lo è sembrato ancora di più nella settimana in cui Icardi ha denunciato abbassamento della voglia di lottare nell’Inter e Di Francesco s’è imbattuto nel Capodanno di Nainggolan.

Max – che mira ad eguagliare Carlo Carcano con 4 scudetti di fila – ha attratto l’ago della bilancia perché li cambia tutti, stimola i musi lunghi e fa tre punti; perché la Juve ha vinto 6 scudetti e (in proiezione) ha il matchpoint in casa contro il Napoli per un sorpasso in vista 7° titolo; perché dà l’idea di crollare e invece vince al San Paolo, quando una sconfitta sarebbe equivalsa a un gap da -7; perché dopo il k. o. di Genova dà un seguito concreto al “sistemo tutto io” e finisce per prendere 1 gol in 11 gare; perché se serve che Cuadrado faccia il terzino e se Mandzo deve correre, beh, succede e basta.

Disse sorridendo Barzagli: “Allegri è un paraculo… Mi dice che giochiamo a tre poi mi schiera terzino. E io, dalla voglia di esserci, ci casco sempre.”. Anche 4 giorni fa…

 

fonte: La Gazzetta dello Sport

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