Il senso della sfuriata di Mattia De Sciglio

Idealmente, il percorso di Mattia De Sciglio potrebbe sovrapporsi a quello di Massimiliano Allegri. Entrambi arrivati alla Juventus dal Milan, in un momento di sconforto ambientale profondo.

Com’è andata, e come sta andando, con Allegri lo abbiamo visto. Con De Sciglio, invece, si può iniziare a immaginarlo.

L’impressione è che Mattia abbia ripreso la bozza di gran terzino che era stato agli inizi di carriera. Quella che all’Europeo, nei meccanismi perfetti di Conte, aveva ricalcato.

Ora è arrivato il momento di concludere l’opera. E pare che il pennello sia quello giusto.

Il senso di una sfuriata

Bologna è stato l’ennesimo tratto deciso lasciato sulla tela: sempre preciso, a tratti vigoroso.

La sfuriata in ripartenza ha l’aspetto della porta chiusa in faccia agli ultimi anni bui.

È, metaforicamente, una galoppata verso nuovi, inesplorati confini del suo talento.

Aveva lasciato albeggiare i primi segnali positivi al Camp Nou. Poi il rapido tramonto dell’infortunio e, solo dopo, la buia notte dell’errore avevano sbiadito il quadro.

Con la paura che, a quel punto, la salita potesse farsi davvero troppo ripida.

E, intanto, chi nelle cronache estive doveva aver fatto l’affare del secolo, senza fare i conti col campo, già arrancava.

Riprendere a correre

La ripresa lenta, graduale, costante è il sigillo alle certezze ritrovate. A una personalità che, mai come ora, sembra solida.

C’è tanto della voglia di rivalsa, di dimostrare il proprio valore, di far ricredere i pessimisti di professione. Un po’ proprio come Allegri, un po’ con la stessa leggerezza posata sul volto.

Dal Benevento a oggi, la crescita è stata lampante. Ecco perché l’assenza di Lichtsteiner pesa poco e nulla.

E se proprio volessimo dirlo, in fondo, questo De Sciglio è decisamente meglio dell’ultima versione dello svizzero.

Ecco perché, se volessimo lanciare una provocazione, al limite della lesa maestà, Mattia è, al momento, il miglior terzino destro che abbia giocato alla Juventus negli ultimi due anni.

Leggere con cautela, a piccole dosi

Una provocazione, una esagerazione, ma il vero Dani Alves è esploso sulla trequarti.

La serataccia del brasiliano a Crotone ben esemplifica le difficoltà ad adattarsi all’allegrismo. (Visto che è tanto in voga la moda…).

Un pianeta troppo estraneo all’universo Juve, che, da difensore, ha incrociato solo nelle magiche nottate contro il Barça.

Ma, comunque, ripetiamo: Dani Alves resta una delle robe più belle del calcio mondiale negli ultimi anni. E, purtroppo per l’Italia, è restato pochissimo.

De Sciglio ha avuto l’umiltà e la pazienza d’inserirsi e di riprendere il feeling mai rotto con chi l’ha lanciato.

È esattamente quello che serve a questa Juventus. (Ed è questo il senso dell’azzardato paragone).

E i margini di miglioramento – che ci sono e sono tanti: ovviamente, ottima notizia – lasciano intravedere un futuro in crescendo.

Per lui, per la Juve e, perché no, per l’Italia, che aveva dimenticato troppo in fretta questo ragazzo: serio, talentuoso e umile.

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