Un amore perso a Rimini d’estate

L’estate peggiore della storia recente della Juventus si avviava ormai alla conclusione, ma l’Inferno vero e proprio non era ancora iniziato. La condanna post-Calciopoli era arrivata, i tifosi avevano provato a farsene una ragione, ma la pratica – si sa – è un’altra cosa. La realtà è carogna, non ti fa dormire, ti fa ripetere continuamente “non può essere vero“. E invece, la scoperta dell’arido vero da parte della Juventus ha anche una data identificativa: il 9 settembre del 2006, contro il Rimini di Ricchiuti.

SURREALE

La sensazione principale che si avvertiva era quella di non conoscere bene il motivo per cui tutto ciò stesse accadendo. Ci si guardava intorno e c’era ben poco di familiare. Calciatori da poco laureatisi campioni del mondo scesi in Serie B per amore e devozione, ma che in un umile campo di cadetteria non potevano – ovviamente – sentirsi appagati.

La nuova dirigenza bianconera (in tribuna anche Lapo) che si sforzava -a modo suo – di sostenere sempre e comunque la squadra e che dopo il pareggio dirà “forse non tutti hanno capito cosa vuol dire giocare nella Juventus“, quasi per motivare ulteriormente i giovanissimi.

UN PAREGGIO SOFFERTO

Il campo, alla fine, raccontò di un pareggio per 1-1, con la Juventus di Deschamps impacciata e soffocata dal caldo romagnolo e un Rimini voglioso (e ci credo) e mai domo. Al primo, storico gol bianconero in Serie B (lo firmò Matteo Paro, con un destro dal limite dell’area) rispose il capitano dei padroni di casa, Adrian Ricchiuti (che avremmo conosciuto ancor meglio nel Catania di Simeone), che approfittò di un clamoroso pasticcio della coppia difensiva centrale della Juve (Kovac e Boumsong).

Impostazioni privacy