Marotta a tutto tondo: “Trieste la vittoria più bella, Cardiff la delusione più grande. Sul calciomercato e sul futuro…”

L’amministratore delegato della Juventus, Beppe Marotta, si è concesso a un’intervista per “Il Sole 24 Ore”. L’ad bianconero ha parlato a 360°, partendo dai suoi inizi come dirigente, fino ad arrivare ai giorni attuali, delle vittorie con la Juventus e della piega che sta prendendo il calciomercato mondiale. Di seguito le sue parole.

“CORONAMENTO DI UN SOGNO”

“Ho realizzato il sogno di un bambi­no che a sette anni, dopo scuola, scappa­va allo stadio dove si allenava il Varese, per spiare gli allenamenti, raccattare i palloni e respirare da vicino quell’emo­zione che chiamiamo calcio.Ma ho capito che non era il mio destino. Io volevo intraprendere la carriera del dirigente. E la mia fortuna è stata quella di incrociare uno dei primi grandi mecenati sportivi, Giovanni Borghi. Un apprendistato che non termina mai. Perché ci si deve sempre mettere in discussione per col­mare le proprie lacune. Senza quest’ap­proccio non si va da nessuna parte.”

LA MIGLIOR VITTORIA

Tante vittorie per Marotta alla guida della Juventus. Ma qual è stata la più bella? L’ex Sampdoria racconta: “La vittoria più coinvolgente resta la conquista del pri­mo titolo a Trieste dove si è disputata la partita contro il Cagliari in campo neu­tro. Ho coronato un sogno. Il mio sogno professionale. Ma è stato ancora più emozionante perché quello scudetto è stato il primo della nuova dirigenza e di Antonio Conte come allenatore. Dopo il settimo posto della stagione prece­dente il nostro comune imperativo era riportare la Juve in auge. E ci siamo riu­sciti”

LA PEGGIOR DELUSIONE

C’è stata, però, anche qualche delusione. Come l’ultima finale di Champions League persa, a Cardiff. Ecco come l’ha vista Marotta: “Ecco, la finale persa a Cardiff contro il Real Madrid,lo scorso giu­gno, è stata la delusione più grande di questo periodo. Ma io tengo sempre a mente una frase di Nelson Mandela che dice “Io non perdo mai: o vinco o impa­ro”. E da quella esperienza abbiamo im­parato alcune cose. Chiamiamolo il know-how che serve per ottenere certi trofei. Un mix di esperienza e di capaci­tà di essere lucidi nei momenti topici. Per cui per noi la sfida riparte. Siamo an­cora più determinati”.

 BILANCI POSITIVI E RAPPORTI CON LA PROPRIETÀ

Nel 2011, agli inizi della carriera bianconera di Marotta, la Juventus aveva un deficit di 95 milioni e un fatturato che a stento superava i 170. Ora, il bilancio è in attivo e il fatturato ha addirittura superato i 500 milioni grazie alle plusvalenza, ma senza di esse è stato raddoppiato. La società bianconera si è consolidata a livello europeo non solo nell’ambito tecnico, ma anche in quello puramente economico.

“La Juventus – spiega Marotta- è una azienda con oltre 500 dipendenti che aspira a consolidarsi come una del­le più importanti e profittevoli multi­nazionali dello SportSystem. Penso perciò che ciascuno debba essere mes­so nella condizione di dare il meglio di sé e di contribuire al successo colletti­vo. La stessa filosofia deve permeare la compagine dei calciatori e lo staff tec­nico, come i diversi settori dell’indu­stria Juventus. E la stessa fiducia deve essere alla base del rapporto con la pro­prietà. Con cui è indi­spensabile dialogare, nel rispetto dei ruoli. Occorre saper mantenere le giu­ste distanze, con equilibrio e senso di responsabilità”

TRASFORMAZIONI DEL CALCIOMERCATO

Più o meno un anno fa, l’ad della Juventus concluse l’operazione Pogba, la più remunerativa della storia del calcio. Dopo circa un anno, il suo record è stato frantumato da Neymar. Un calciomercato che si è trasformato radicalmente.

“In 40 anni – commenta Marotta – ho attraversato tutte le tra­sformazioni di questo settore, dal mecenatismo all’avvento delle tv, dal­l’invasione della finanza a questa nuova era in cui il trading dei calciatori ha defi­nitivamente seppellito il romantici­smo. Bandiere che incarnino lo spirito di una squadra e la identifichino non ce ne sono e non ce ne saranno più. Totti e Buffon saranno ricordati come gli ulti­mi esemplari del calcio classico”.

“Il calcio d’élite sarà sempre più una forma di en­tertainment. I calciatori migliori sa­ranno sempre più delle star dello show business. E vivranno di ingaggi tempo­ranei, come gli attori del cinema, quasi senza più vincoli contrattuali, se non per quel dato spettacolo o per quella data manifestazione. Possiamo non desiderarlo come innamorati del cal­cio, ma l’economia mondiale spinge in questa direzione”

E IL SUO FUTURO?

 “Certo non mi vedo in un altro club. Piuttosto vorrei dare un contributo alla politica sportiva, met­tere a disposizione la mia esperienza per provare a salvaguardare almeno nel calcio non di vertice quella valenza sociale ed etica che fa dello sport qual­cosa di imprescindibile” – conclude così Marotta.

Impostazioni privacy