Capitano, nostro capitano: che sia soltanto un arrivederci

Quando, alla tenera età di 15 anni, decidi di voler trascorrere la tua intera vita di calciatore in un’unica squadra, c’è da aspettarsi che gli altri ti guardino un po’ straniti. I mille e uno sogni di un ragazzino innamorato del pallone ricordano – e non poco – le illusioni giovanili di cui parlava uno dei più grandi poeti italiani: il destino più “normale” è quello del loro svanire. Ma non se ti chiami Francesco Totti. Non se sei stato scelto, dall’alto, come l’eterno profeta della città eterna.

Roma è una città magica, che meritava un condottiero del genere. Dopo che ben sette re si erano succeduti al trono – in tempi ormai troppo lontani – c’era bisogno di una nuova verve, di qualcuno più vicino ai gusti dei nuovi abitanti della capitale. E chi meglio di Totti?

La storia insegna che, quando un re abdica, il più delle volte il suo operato verrà ricordato in maniera negativa. Ma non in questo caso, non per le gesta eroiche del Pupone. Il vero highlander romanista, che si diverte ad inchiodare il tempo e a rinnovare il miracolo della sua classe.

LA COSTANTE DI OGNI GENERAZIONE

Mentre il mondo cambiava, lui rimaneva lì. Al suo posto, senza cambiare un’acca, con la Roma sulle sue spalle, accanto al suo numero 10. Ci sono stati padri che si sono avvicinati al mondo del calcio grazie ai gol del giovane talento giallorosso lanciato da Mazzone (che lo “salvò” dai pericoli di un motorino); ci sono stati, poi, figli che hanno imparato ad ammirare il gioco del pallone, magari per un poster regalato loro dal proprio papà. Quei padri andavano a scuola, si sono poi laureati ed hanno, infine, iniziato a lavorare. Ma Totti c’era, sempre.

Totti è stato un’incredibile costante di un calcio che – anno dopo anno – ha perso la sua connotazione romantica. Nell’epoca del consumismo, la sua bandiera ha continuato ad ergersi nel cielo romano (e italiano) e negli occhi di tutti i suoi tifosi, gialli come il sole e rossi come il proprio cuore (recita, più o meno così, l’inno scritto da Antonello Venditti).

Tanto abituati a vederlo con la maglia della Roma come si è abituati a vedere il Colosseo a Roma. O la muraglia cinese nella nazione con gli occhi a mandorla. Si è talmente abituati che pensare all’esatto contrario fa male, e tanto. La storia sembrava davvero la più infinita del mondo, come la fantascienza insegna. Ma la vita umana – purtroppo o per fortuna – è tutt’altro che fantascienza.

RICORDI? SBOCCIAVAN LE VIOLE…

“…con le nostre parole: Non ci lasceremo mai, mai e poi mai.”. E dunque, come ogni storia che si rispetti, anche quella tra Totti e la sua Roma è finita25 (VENTICINQUE) anni dopo. Forse come non tutti volevano, perché sarebbe stato bello non pensare a questa coppia come ad una coppia in crisi.

Non la meritava nessuno questa crisi: Totti in primis, i tifosi giallorossi e nemmeno Spalletti. Ma si sa, a volte è davvero difficile agire in maniera disinteressata, senza dar sfogo ai propri pensieri più nascosti. Tutte le cose finiscono, ma alcune finiscono sempre un po’ più in là. Sembrava eterna, e invece da domani dovremo abituarci – tutti – ad una situazione ben diversa. “Ma come fan presto, amore, ad appassire le rose…”.

CALCIATORI PANINI, FANTACALCIO, FIFA (’95)…

I bambini piangono come i grandi. Quei bambini che sognavano di trovarlo nelle fantomatiche bustine dei Calciatori Panini: appiccicarlo sull’album era sempre un piacere particolare. I bambini un po’ più cresciuti non ci pensavano su due volte nel rilanciare durante l’asta del Fantacalcio: 30, 40, 50, 100. Il prezzo non importava: accaparrarselo dava un fregio particolare all’intera squadra. E Totti – fino a questa sera – è stato l’unico calciatore presente in tutti i giochi FIFA dal 1995 in poi: pensate che record. Persino la EA Sports ha potuto seguirne i progressi, da quando esordiva in Serie A a quando incantava sui campi di tutto il mondo. Con i capelli lunghi e le scarpette bianche. Con le fascette ai polsi e un’unica maglia, ogni anno più bella.

LA GRANDE BELLEZZA

Ha fatto alzare in piedi i tifosi di ogni tempio calcistico. San Siro, Old Trafford, Bernabeu, per lui non aveva importanza: ogni tifoso si sentiva in dovere di omaggiare – a suo modo – una colonna portante di questo magico sport. Ha provocato una commoventissima sindrome di Stendhal ad un tifoso incredibilmente emozionato dinanzi ad una sua doppietta in un momento cruciale. Ha fatto gol pesantissimi ed impensabili, mai banali: dal rigore contro Schwarzer al cucchiaio rifilato a Julio Cesar, dallo scherzetto a Van der Sar al tiro al volo contro la Sampdoria. Diciamolo: ogni bambino, con il pallone tra i piedi, ha provato – spesso e volentieri – ad emularne le prodezze. Cucchiai sì, colpi di tacco pure, ma vogliamo parlare del lancio di prima con spalle alla porta? Praticamente inimitabile.

E CHE UMANITÀ!

C’è un ultimo aspetto della personalità di Totti che merita di essere approfondito: Francesco è un uomo estremamente abituato a far del bene, in ogni sua sfaccettatura. Beneficenza, libri di barzellette, simpatici sketch con i compagni, show in conferenza: con Totti non ci si annoia praticamente mai. Ricordate le prove con Del Piero? O gli spot con Gattuso? O la celebre conferenza stampa delle 66 domande? Vedere in TV quest’uomo così genuino e leale fa sempre bene all’umore: un sorriso – e forse qualcosa in più – nasce spontaneo.

CHE NON SIA UN VERO ADDIO

È questa l’unica residua speranza: vederti lontano dal tuo mondo – quello del calcio – sarebbe un colpo troppo duro da digerire. Contiamo, però, sul tuo amore incondizionato: hai già lasciato intendere che non riuscirai ad allontanartene facilmente. Ma ci pensi? Quella signora in tribuna che piangeva già dalle 17 di quest’oggi – come milioni di altri tifosi – non potrebbe dormire sonni tranquilli.

Immaginarti con una maglia diversa da quella della Roma fa male anche a chi la Roma non la tifa. Immaginarti dietro una scrivania, invece, sarebbe uno splendido esempio di continuità: la Roma calcistica te la porteresti nella tomba, come ogni buon pallonomane sogna con tutto se stesso.

Una cosa è certa: è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.

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