Juve-Genoa, l’analisi tattica: superiorità imbarazzante dei bianconeri

Barcellona è ormai lontana e l’imperativo per la Juventus contro il Genoa era uno solo: non sdraiarsi sugli allori e portare a casa tre punti importantissimi contro i rossoblu. Missione compiuta senza particolari sforzi dai bianconeri, con gli uomini di Allegri che hanno vendicato la sconfitta dell’andata prendendo a pallonate un Genoa incapace di reagire ai colpi dei bianconeri. 

Un po’ di turnover, però, era inevitabile dopo la grande sfida di Barcellona: oltre a Neto, Allegri decide di mandare in campo anche Benatia, Barzagli, Lichtsteiner, Asamoah e Marchisio, cambiando quindi metà della formazione uscita imbattuta dal Camp Nou. Cambiano gli uomini, ma non lo schieramento: sorprendendo un po’ tutti, Allegri sulla destra schiera Barzagli terzino e Lichtsteiner esterno alto, nella posizione in cui solitamente è protagonista Cuadrado. E’ il solito 4-2-3-1, che in fase difensiva si trasforma in 4-4-2 con Mandzukic esterno sinistro e Dybala-Higuain uomini più avanzati.

Gli uomini scelti da Allegri sulle fasce, però, non garantiscono la spinta offensiva che danno solitamente i titolari e questo costringe la Juve a muoversi in modo diverso. La spinta bianconera arriva quasi esclusivamente per vie centrali, sfruttando il grande lavoro dei centrocampisti e di Dybala e Higuain, che spesso si sono abbassati per costruire l’azione. Tre gol su quattro arrivano proprio da azioni sviluppate centralmente: l’autogol di Munoz è propiziato da Marchisio, servito in verticale da Higuain; il raddoppio firmato Dybala nasce da uno scambio al limite dell’area con Khedira; infine il poker di Bonucci è un’azione solitaria del numero 19 bianconero.

Proprio quest’ultimo gol è emblematico di un altro aspetto fondamentale di questa gara: l’arrendevolezza del Genoa. Grande merito va ovviamente alla Juve, ma la difesa genoana si è dimostrata estremamente passiva, lasciando centimetri importanti ai bianconeri, che ovviamente non si sono fatti pregare e hanno sfruttato ogni indecisione degli ospiti. Discorso simile anche per l’attacco: vero che l’avversario era una squadra che ha subito zero gol dal Barça in due partite, ma Simeone e compagni hanno impegnato Neto solo con tiri da fuori, per altro non irresistibili. 

E poi c’è lui, mister No Good. Anche stasera, però, sarebbe giusto chiamarlo mister Very Good: la solita partita di grandissima sostanza per Mario Manduzkic, un grande lavoro in entrambe le fasi, premiato con il gol che gli mancava da parecchie partite. L’azione del 3-0 è il riassunto perfetto del Mandzukic versione 2017: in posizione da terzino recupera palla e dà il via all’azione, in posizione da ala riceve e crossa per i compagni in mezzo, infine con una conclusione da attaccante vero trova il gol stra-meritato.

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