Juve, da Barcellona, segnali di “svolta” buona

Ansie, incertezze e timori della vigilia dissolti come un brutto sogno al risveglio. La cerimonia del Shahi Snan svoltasi nel lavacro catalano, che ha mondato pure ogni pregiudizio sull’operato dell’arbitro Kuipers (inappuntabile), ha consacrato il diritto d’appartenenza della Signora alla ristrettissima cerchia delle pretendenti al Santo Graal bullonato;

senza ombre, impurità e appigli pretestuosi ai quali gli speleologi dei fotogrammi possano ricorrere per diminuire i meriti di un collettivo sorprendente in positivo, giacché, per quanto fosse ragionevolmente lecito ipotizzare l’obliterazione del biglietto d’accesso al quartiere generale UEFA di Nyon, ove domani si sorteggeranno gli ultimi accoppiamenti di stagione, sarebbe stato un esercizio quasi folle immaginare di salutare il pubblico del Camp Nou con la rete inviolata.

Invece è accaduto, e a renderlo fattibile ha concorso senza dubbio, prima ancora del valore certo dei bianconeri chiamati alla pugna (quasi i migliori possibili alla luce di quanto in dotazione), l’unico atteggiamento considerabile premiante al cospetto di simile avversario: un attendismo attivo, sovente propositivo e a tratti aggressivo, operato mantenendo alto il baricentro di una squadra che, in punta di fatto, si è disposta con un 4-5-1 mascherato, per la cui esaltazione ideale sarebbe forse risultata prodromica una punta centrale meno compassata.

Con un pizzico di lucidità in più in fase di rifinitura, soprattutto nelle tempistiche con cui Cuadrado ha effettuato le sue scelte in attacco, la serata avrebbe probabilmente assunto un carattere trionfale; però, a prescindere dall’ovvia necessità di perfezionare certe esecuzioni, e i cavalieri di Madama ne sono assolutamente consapevoli, l’obiettivo primario non era quello di espugnare il fortino blaugrana, ma di accompagnare all’uscita dalla competizione i padroni di casa, ed è stato raggiunto con autorevolezza, perfino giocando bene.

Esservi riusciti conservando intonso il perimetro presidiato da Buffon è stato, molto presumibilmente, uno smacco anche superiore a quello di una vittoria comunque realizzabile e, per uno in particolare, Dani Alves, motivo di enorme soddisfazione personale.

Il pedatore brasiliano, anche motivato dal ritorno sul palcoscenico che per otto anni ne ha celebrato le gesta, ha scodellato, finalmente (!) una prestazione all’altezza della sua fama e della nuova casacca; sicuramente la migliore dal cambio di residenza.

Nota di merito e menzione obbligatoria pure per il dott. Giorgio Chiellini, al quale lo scriba non ha mai lesinato critiche, talvolta aspre. Si è erto a muro invalicabile destreggiandosi con una pulizia negli interventi che, soprattutto nei territori ostili ad altissimo rischio, non esibiva da tempo immemore.

Si potrebbe eccepire, e parecchio, sulle sostituzioni praticate in corso d’opera, ma per una volta non il caso d’infierire; del resto erano meno imprevedibili di un panettone sul desco natalizio.

Il limpidissimo e strameritato approdo alle semifinali maturato eliminando una contendente forte come il Barcellona, implica risvolti importantissimi a tutti i livelli: d’immagine e, a cascata, economici, di credibilità e appetibilità, ma, specialmente, insuffla nella truppa la convinzione di essere tornata davvero grande. Sul piano squisitamente sportivo le regalerà, a cominciare dal prossimo turno, una cognizione di se  stessa che mai potrebbe fiorire nel giardinetto domestico.

Ed ora, il Vs. scrivano auspica che dall’urna elvetica scaturisca il nome dei Campioni d’Europa in carica, e per i seguenti motivi: relativamente ai doppi confronti con i pluristellati annoverano una tradizione sfavorevole, ulteriormente aggravata da quella per cui, l’anfora maledetta, da quando si chiama UEFA Champions League sì è sempre negata ai conquistatori della precedente edizione, e fondamentalmente perché la loro storia ne attesta la letalità in occasione dell’ultimo atto.

Decida Eupalla per il meglio.

Augh!

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