Paolo Montero: “Juve più solida e unita. Devono vincere questa Coppa anche per me”

Paolo Montero, 277 presenze e 6 gol con la maglia della Juventus, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport, in merito al delicato match di Champions tra i bianconeri e il Barcellona, ecco alcuni dei passaggi più significativi.

“QUEL MIO GOL AL BARCELLONA….”

Juve-Barça? Tutti senza paura, anche davanti a Messi. Il mio gol al Barcellona? Ne ho segnati talmente pochi che lo ricordo nei minimi dettagli. Fu una partita complicata: era il Barça degli olandesi, non la super squadra di adesso, poi pareggiò Saviola e, in fondo, il risultato fu giusto. Una sofferenza incredibile al ritorno: per fortuna in campo c’era Pavel e poi arrivò quel tocco di Zalayeta. Un miracolo, ma quella squadra era cattiva: non mollava mai. La Juve di oggi è altrettanto forte, magari in maniera diversa. Higuain-Dybala sono già al top: possono segnare in ogni momento. Uno solo c’era allora e c’è anche oggi: cosa devo dire di Buffon? Non è umano, ci ricorderemo di lui come il più grande portiere di ogni epoca. Il Barça? Per individualità, forse, sono superiori. Ma noi – dico “noi” perché sarò sempre della Juventus –, siamo più solidi, uniti e disposti a correre l’uno per l’altro. La qualificazione è equilibrata”.

ECCO COME SI FERMA LA “MSN”

Messi-Suarez-Neymar? Ci penseranno i centrali della Juve, che considero i migliori in circolazione. Quando vedo Bonucci-Chiellini mi sembra di vedere me e Ferrara: un cenno e ci si capisce. Quanto mi pesa il rimpianto della Champions? Tanto: è la cosa che manca nella mia carriera, un rimpianto che mi porto dietro. Potrei dire che i miei compagni di allora ancora dentro al club – Buffon, Nedved, Trezeguet – devono vincere questa Coppa anche per me, ma sarebbe sbagliato porre la questione così. Io ho avuto il mio turno e non ce l’ho fatta. Loro, invece, devono farcela per loro stessi, per i tifosi, perché la Juve lo merita.

IL PREFERITO DI ANDREA AGNELLI

Io il giocatore preferito di Andrea Agnelli? Lo ringrazio. Poteva scegliere Zidane, Del Piero o qualche altro fuoriclasse e invece ha scelto uno “normale” come me. Forse perché, in un certo senso, con tutta l’umiltà possibile, “mi sento” la Juve. Nel senso, che rappresento la voglia di lottare e vincere di questo grande club. Quando sono a Torino l’affetto della gente mi travolge. Del resto, quando gioca la Juve si ferma ogni cosa e casa mia diventa uno stadio: da mio padre ai miei figli, tifano tutti”.

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