Supercoppa: perché non è inutile giocarla all’estero

Vale molto Juventus-Milan, finale di Supercoppa Italiana che si disputerà a Doha, la capitale del Qatar. Innanzitutto perché in ballo c’è un trofeo ufficiale e importante – il primo della stagione 2016/2017 – e poi perché di mezzo ci sono introiti presenti (e probabilmente futuri) da non sottovalutare. Anzi.

NECESSITA’ DI MERCATO

Difatti non è per l’intento di svolgere un tour natalizio che la Supercoppa viene giocata ancora una volta a Doha dopo la finale del 2014 disputata tra Juventus e Napoli. Il motivo è strettamente confinato ad esigenze di tipo economico, di marketing e sponsorizzazione del calcio made in Italy.

I soldi veri infatti, ovvero quelli di cui necessita disperatamente il sistema calcistico italiano, non risiedono più in Italia da un bel po’, come testimoniano sempre più proprietà straniere acquirenti di intere o parziali quote di molte delle più grandi società della Serie A. In quest’ottica, dunque, la trasferta estera che ad alcuni pare superflua e non necessaria diviene invece estremamente importante.

SUPERCOPPA, I GUADAGNI DELLE CONTENDENTI

milan-juventus-pjanic-corriere-seraIntanto per un ritorno economico immediato. Le due compagini andranno infatti a spartirsi un bottino di 5 milioni di euro (3 garantiti dalla Federcalcio del Qatar, il cui 10% spetterà alla Lega Calcio, mentre Juve e Milan si divideranno il restante 90%, aggiungendo alla cifra i diritti tv che dovrebbero aggirarsi attorno i 2-3 milioni). Oltretutto al netto delle spese, poiché queste saranno totalmente azzerate dal Paese ospitante: trasporto aereo, vitto e alloggio. Ma soprattutto una prospettiva concreta di incremento dei guadagni in futuro, grazie all’immagine dei due club venduta all’estero.

Proprio come accade in occasione delle tournée estive negli Stati Uniti o nei paesi orientali con la loro offerta di super amichevoli fra big che neanche la Champions è in grado di offrire in un numero così alto. I club più blasonati della vecchia e cara Europa necessitano di vendere i loro marchi ai nuovi mercati, questi ultimi capaci di fornire introiti impensabili fino ad un decennio fa, forse due. In particolare quelli italiani.

NON SOLO JUVENTUS E MILAN

In questo modo anche la Serie A potrebbe giovare di maggiori introiti derivanti dai diritti tv. Un po’ per la sponsorizzazione per via diretta ad opera delle due contendenti di Supercoppa, un po’ per quell’appeal che, anno dopo anno, il nostro campionato spera di recuperare incrociando il cash degli investitori stranieri agli interessi di commercializzazione del brand e di trasmissione delle partite da parte di emittenti asiatiche, qatariote o degli Emirati Arabi. In Medio Oriente già detenuti da BeIn Sports.

E’ tuttavia un mercato potenziale che somiglia sempre più ad un giacimento petrolifero dal quale ancora è stato estratto poco del suo reale valore. Nulla in alcuni casi.

LA FRONTIERA CINESE

Banner-Editoriale-Rocco-CreaCome la Cina, che invece rappresenta un territorio da riconquistare ed in cui infatti il calcio nostrano è calato drasticamente in termini di ore dedicate dai canali come CCTV, quest’ultimo rimasto peraltro unico broadcaster a trasmettere i match della Serie A in terra cinese.

Come rivelato da una recente indagine condotta da La Gazzetta dello Sport, infatti, messo a paragone della Premier League il calcio italiano scompare: alcun match del campionato vinto dalla Juventus nell’ultimo anno, infatti, risulta fra i dieci più visti nella Repubblica Popolare. Anche a causa delle 3605 gare della Premier League, le 1846 della Liga, le 1626 della Champions e le 1469 della Bundesliga trasmesse dalle tv locali, che ammontano addirittura a diciotto nel caso del campionato d’Oltremanica. E pensare che negli anni ’90 non esisteva altro calcio all’infuori di quello italiano. In Cina.

Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)

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