Messer Gonzalo, la Regina e l’eresia napoletana

“Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Juventus vince”. Il celebre aforisma di Gary Lineker, adeguatamente parafrasato, ben si attaglia alla Regina d’Italia e Signora dei campionati, spietata nell’esercitare il proprio diritto escatico sui pascoli peninsulari con una puntualità raramente intaccata da qualche frivolezza di troppo che, in fondo, sarebbe pure giusto concederle, se solo le cadute in tentazione non avvenissero nella Capitale del fatuo per antonomasia…

Distrazioni comunque perdonabili, a cui segue, altrettanto puntualmente, un subitaneo recupero del contegno abituale, reso peraltro spontaneo dalla sobrietà del più pragmatico ed elegante habitat sabaudo.

È, in sintesi, quanto accaduto in settimana, e poiché le immediate scadenze, tutte da rispettare nei rassicuranti giardini di Reggia, impongono la rigorosa astensione da qualsivoglia indulgenza e/o digressione dal protocollo, s’impone che anche ai prossimi visitatori venga richiesto l’assoluto rispetto dell’etichetta e, quindi, il versamento dell’obolo: tradotto in “calcistichese”, la consegna dei tre punti d’ordinanza.

Ciononostante, la procedura potrebbe implicare qualche sgradevole cavillosità. Poco sorprendente alla luce del riottoso, nonché umbratile carattere del prossimo postulante, ma tuttavia ineludibile, giacché, da qualche anno, per quanto il fenomeno sia sempre stato contenuto in proporzioni accettabili, nel feudo partenopeo è invalsa la credenza, soprattutto popolare, di potersi porre al cospetto di Madama come pari del Regno.

Juventus StadiumL’evidenza dei fatti sconfessa ogni volta l’eresia, ma richiede sempre la fastidiosa incombenza di ribadirlo con la consueta sciarada in punta di bulloni, sulla cui organizzazione, logoteti e sicofanti vari, spendono artatamente il peggio di loro stessi in stucchevoli disquisizioni sui dettagli, con il deliberato proposito di orientare l’avvenimento sul piano, per dirla alla Camilleri, della “sciarratina”.

Pur consapevoli della sterilità di siffatti tentativi, essi avverranno a prescindere, fanno parte di un canovaccio irrinunciabile, quest’anno addirittura arricchito dalla gustosa conversione di messer Gonzalo Gerardo da soldato di ventura a moschettiere della Sovrana; un’investitura asetticamente interpretabile come promozione, sulla quale, però, in ossequio alla vetusta tradizione di certe latitudini, sono stati surrettiziamente disegnati i contorni del tradimento.

Quisquilie, minuzie; non incideranno sull’ormai proverbiale e anche un po’ stantia “halma” che il cerimoniere di corte ama dispensare senza soluzione di continuità. Cionondimeno, alla luce dei recenti trascorsi la soglia dell’attenzione dovrà essere mantenuta lucida e, in prossimità della stessa, alta la vigilanza, onde evitare le perniciose afflizioni già sperimentate incrociando sguardi e cammino con esponenti di Contrade visibilmente meno organizzate di quella vesuviota.

Reggente e sfidante dovranno, obtorto collo, rinunciare alle “lame” più scintillanti della loro panoplia; l’arsenale sabaudo però, pur non disponendo (momentaneamente) di un altro fiorettista abile come mastro Dybala, potrà supplirne l’assenza ricorrendo allo spadone, di nuovo lucente, del truce schermista croato. Viceversa, quello degli Aureliani dovrà far fronte alla desertificazione delle schegge più acuminate, con la frenetica rotazione, talvolta efficace, di tante, piccole e fastidiose cerbottane.

Da sussurri, voci e pettegolezzi di corridoio che coinvolgono il “Principino”, emergono pareri divergenti. La sua partecipazione all’evento è assolutamente incerta. In ultima analisi, la decisione è demandata alla misura in cui ha smaltito i postumi da risveglio dal brutto incantesimo che lo ha per lungo tempo emarginato dalla scena principale e, molto probabilmente, alla giusta esigenza di poterlo esibire, fresco e riposato, nella ben più importante serata di gala successiva, quella ove verrà indetto un ballo nel quale ogni incertezza di passo sarà severamente punita. D’altronde, inutile negarlo, ai ricevimenti internazionali dev’essere riservata la dovuta priorità: “Ubi maior minor cessat”…

Benché poco ipotizzabile, non è del tutto escludibile a priori una breve comparsata; giusto il necessario per spargere tra gli altri chiamati alla giostra qualche stralcio di magistero e saggezza ereditato dai Signori di cui fu scudiero.

A prescindere dalla sua presenza, è comunque indubbio che sotto l’egida della regnante alberghino risorse ampiamente bastevoli a far sì che il gonfalone di Partenope venga ammainato con relativa premura e, non senza un pizzico di voluta perfidia, sarebbe estremamente gradito, financo piacevole, che ciò avvenisse per mano di… Occorre anche specificarlo?

Augh!

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