Juventus, famelica e vogliosa. Un’altra reazione da grande squadra

Fare a pezzi è il lavoro di chi non sa costruire”. Le critiche, quelle costruttive almeno, producono un risultato positivo là dove si era in precedenza fallito. Lecita la lucida analisi che porta rialzarsi. Perché ammettere la necessità di doversi migliorare, sempre, è la prima caratteristica dei vincenti. Un climax ascendente che deve propendere all’infinito, alla maniacale ricerca dell’impossibile perfezione. Così la Juventus risponde ancora presente all’appello della critica, oramai pronta a sparare il proprio, ennesimo, colpo.

Consapevolezza

Essere i migliori vuol dire stare al centro del palcoscenico, dove anche il più piccolo errore non passa inosservato. La pressione può portare a trasformare uno scivolone in una serie di problematiche; in men che non si dica, ci si ritrova intrappolati nella persa immagine di sé stessi, come se non si riuscisse più ad uscire dalla trappola di errori in cui si è incappati. Sembrerebbe di raccontare il film dello scorso anno. Ma questa stagione sta restituendo una Juventus differente, consapevole dei propri mezzi. Pienamente cosciente delle due disfatte rimediate a Milano, ma per questo più vogliosa di dimostrare. Il condottiero, nell’immagine di Massimiliano Allegri, predica calma, perché questa è la virtù dei forti. E solo tramite la pazienza non si smarrisce la via, anzi si trova quella che porta a casa, lì in cima alla classifica.

Famelici

Quando però le critiche si moltiplicano, lo stesso effetto producono sulle forze da esprimere. Per questo alle due mandzosconfitte stagionali corrispondono due brillanti prestazioni nelle partite immediatamente successive. Il post Inter è stato archiviato con un 4 a 0 al Cagliari; San Siro rossonera viene dimenticata, nonostante sempre vivido deve rimanere l’ammonimento che esso rappresenta, con 4 gol rifilati alla Sampdoria. Non solo, perché pronti-via i bianconeri si portano subito sul doppio vantaggio. Non si poteva chiedere di meglio. La reazione ha la faccia cattiva di Mario Mandzukic, che, a differenza di quanto è stato su di lui detto, non ha dimenticato come si segna. Rincorre tutti, si sbatte, suda fino all’ultima goccia a sua disposizione. Entra in tackle su un periodo che lo aveva visto protagonista negativo.

Grande squadra

Il blasone dell’avversario non deve permettere entusiasmi che trabocchino il lecito. Tuttavia è la voglia che può darneMilan-Juventus finale Coppa Italia licenza. Cosa si dovrebbe chiedere ad una squadra che vince da cinque anni? Il segreto sta proprio qui, nel non accontentarsi mai. Nell’archiviare la vittoria per spostare l’attenzione sulla prossima, quasi come se vincere sia un atto dovuto. Anche questo interpone un divario tra la Juventus ed il resto della Serie A. La prassi empirica ci restituisce infatti delle squadre troppo spesso sazie. Emblematiche sono proprio le carnefici della Juve, che una volta sconfitta Madama hanno adagiato i loro corpi stanchi sugli allori. Amari, amarissimi quelli interisti; ancora da verificare quelli rossoneri, che però non hanno ben figurato a Genova.

C’è ancora da lavorare, perché c’è ancora da migliorare. Il tempo si esprimerà sulla fattibilità del progetto. Il distacco di punti non è, al momento, giustificato dalla sola differenza del numero di vittorie. C’è di più. Una grande squadra che vuole riprendersi costantemente ciò che gli altri, magari prematuramente, le attribuiscono. Finché questo gap non verrà colmato, non lo sarà nemmeno quello di punti in classifica.

 

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