Khe-dira? Bravo Sami!

Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: la Juve ha vinto meritatamente.

Gli ingredienti con i quali è stata cucinata l’aquila biancazzurra nel rovente Olimpico romano non sono stati particolarmente saporiti e/o stuzzicanti e, forse, nemmeno era lecito attenderseli; la ricetta, povera quantunque efficace, ha previsto il ricorso alla proverbiale solidità dell’impianto difensivo che, di riflesso, si è tradotta in sicurezza e crescente determinazione di tutti, fino al giusto punto di bollitura: quello in cui Sami Khedira, in progressiva trasmutazione da “cartadiriso” ad “asso pigliatutto”, ha forchettato l’incolpevole Marchetti con un diagonale appuntito e chirurgico al tempo stesso.

Buona anche la seconda, quindi, giacché una prova di forza nelle prima escursione fuori porta rappresenta un avviso ai naviganti non equivocabile: i Campioni in carica vincono ugualmente anche quando non incantano e senza indossare la miglior panoplia; la maniera più efficace per insinuare un precoce scoramento nella presunta concorrenza.

Vero quanto sopra, la partita, segnatamente nel corso della prima frazione, è stata di una bruttezza quasi triviale: ritmi bassi, poche idee molto confuse, una pletora di errori tecnici non provocati e tanta, tantissima lotta sulle zolle mediane.

Una sfida a braccio di ferro tra una compagine inizialmente meno imballata e consapevole di dover capitalizzare quanto prima le briciole eventualmente concesse dalla contendente, e un complesso caparbio, non presuntuoso, financo paziente, che ha saputo attendere l’inevitabile calo atletico degli avversari per irrorare nei propri muscoli maggior scioltezza, forte della ricca dotazione di spinaci ammonticchiata a bordo campo, nel caso in cui occorresse attingervi.

Fatto salvo un spunto di cronaca per parte (salvataggio di Benatia su Senad Lulić e capocciata poco pretenziosa del “Sivorino”) e il time-out indetto dal sig. Marco Guida da Pompei (novità assoluta per la SerieA) la refrigerante pausa di mezza gara giungeva come una benedizione tanto per i protagonisti quanto per gli spettatori, ivi compresi quelli virtuali.M.P.

I primi vagiti del tempo di “clausura” denunciavano immediatamente un atteggiamento più spigliato dei tristellati che, senza miracol mostrare, s’impadronivano progressivamente del match; il baricentro avanzato e una circolazione della palla meno farraginosa favorivano l’allestimento di alcuni pericoli potenziali per il perimetro protetto dall’estremo difensore laziale, che molto dovrà rimproverare al compagno Lucas Biglia per aver apparecchiato l’inopinato “liscio” grazie al quale l’ex madrinista ha potuto infilzarlo come un tordo.

La violazione della romana porta ha sostanzialmente coinciso con la posa della pietra tombale sulle ragioni del contendere. Gli Inzaghi boys, pur commendevoli per l’orgoglio speso nel tentativo di riassettare un desco ormai compromesso, non costringevano Buffon a spiegazzare un tovagliolo praticamente intonso e rischiavano seriamente di consegnare al debuttante ( in extremis) Pjaca un’altra sostanziosa fetta di dessert.

Lasciando perdere lo champagne, normalmente deputato a festeggiamenti speciali ed esclusivi, è auspicabile che almeno lo spumante, possibilmente accompagnato da qualche cotillon, faccia la propria comparsa nei banchetti a venire. In altri termini, speriamo vivamente di poter assistere a uno sviluppo della manovra più armonico e incisivo anche durante le visite di cortesia che il Palio dei campanili impone.

L’atteso insediamento del maestro di tavola Miralem Pjanić sarà indubbiamente di giovamento, a maggior ragione se l’argenteria potesse arricchirsi di qualche stoviglia accortamente selezionata.

Per adesso, va bene così. Il sabato del villaggio capitolino ha lenito, ma non saziato l’appetito e sarà sia piacevole che rilassante contemplare gli affanni con cui le autoproclamatesi rivali cercheranno invece di supplire una fame ormai atavica.

In punta di fatto, però e giustamente, a ns. Signora, ancora molto dedita alla cura di certe faccende commerciali, nulla cale delle altrui angustie. Sa che le servono altri ventotto scalpi per riaffermare ancora una volta il proprio diritto escatico sul pascolo peninsulare.  Tutto il resto è aria fritta che, come noto, non nutre, anzi…

Augh!

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