Violenza fuori dallo stadio, violenza sui social: ora basta, serve rieducare

Dovremmo tutti sederci attorno ad un tavolo e discutere seriamente su questa violenta spirale d’odio che sta attanagliando il calcio italiano. Forse non è la prima volta che l’appello viene lanciato, ma – come dicevano i latini – repetita iuvant: per favore, abbassiamo i toni delle polemiche e riprendiamoci la bellezza sportiva del pallone. L’occasione per farlo proviene direttamente da quanto accaduto nel pomeriggio odierno: un finestrino del pullman della Juventus è stato danneggiato dal lancio di alcuni oggetti all’arrivo presso lo stadio Olimpico, dove di lì a poco si sarebbe disputato il derby della Mole (poi vinto dai bianconeri). L’ha reso noto proprio la società di Corso Galileo Ferraris, secondo cui l’azione avrebbe rotto il vetro esterno e lesionato quello interno, proprio vicino ad alcuni atleti. Due tifosi inoltre – come perlatro riporta una nota ANSA – sono stati fermati dalle forze dell’ordine.

Ora, i dettagli della vicenda lasciamoli alla cronaca. Qui, infatti, sembra più giusto parlare della partita. O meglio, le intenzioni c’erano tutte. Purtroppo, però, le pagine dei quotidiani dovranno giocoforza riportare l’episodio, aprendo una ferita ancora apertissima circa le tante “spacconate” avvenute negli anni. Atti vandalici ai quali oggi se ne aggiunge ancora uno, ma i numeri non rappresentano nient’altro che pane per gli statistici. Qui il discorso riguarda l’etica, l’educazione. E, udite udite, una parolina che forse oggi va poco di moda: tolleranza.

Perché ogni fatto violento fonda le proprie radici su sentimenti di rancore, odio, preconcetti. Si badi, non è vittimismo, ma la Juvenuts subisce ormai da fin troppi anni accuse, ingiurie, diffamazioni. Parole dure che magari, prima dell’avvento dei social network, rimanevano nei bar. E ci stava anche il sano sfottò tra supporter, sebbene la questione terminasse subito davanti al secondo caffè. Oggi, invece, lo scenario appare radilcamente cambiato. Comunità virtuali anti-juventine, pagine dedicate a insulti e frasi da censura, pubblicano ogni giorno post che definire offensivi sarebbe anche poco. Per carità, nessuno vuole privare la libertà di satira o ironia; anzi, lunga vita alle battute pungenti dopo una mancata qualificazione in Champions, purché divertano senza ledere l’immagine altrui.

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Vi chiederete, cosa c’entra ciò con la circostanza odierna. Ovvio che non persiste alcun collegamento diretto o indiretto, ci mancherebbe. Però, ragionandoci su da un punto di vista puramente generico, tale atteggiamento contribuisce ad acuire il clima di rabbia ingiustificata nei confronti d’una realtà aziendale solida, coi conti a posto, unica a trainare le speranze di vittoria in Europa negli ultimi tempi. Appellattivi del tipo “ladri“, o “rubentus“, o altri che non possono venire riportati integralmente, “tambureggiano” nel web, provocando effetti di astio spesso irrecuperabili.

Da dove cominciare, dunque? Che possiamo fare mai noi, nel nostro piccolo, per evitare il diffondersi del tifo violento? Anzitutto, un esame di coscienza. Perché anche se la Juve non risulta simpatica a tutti – com’è giusto che sia, del resto ognuno possiede una propria  squadra del cuore – sarebbe meglio risparmiare commenti di troppo, specie se tutt’altro che eleganti, o peggio non veritieri. Tipo “Siete sempre aiutati dagli arbitri” o “Calciopoli continua” e via dicendo. Perché di costruttivo, in certe critiche, risiede ben poco, soprattutto alla luce di una Giustizia Sportiva che si è già espressa in merito. Basta, ripartiamo. Dagli istituti, dalle scuole calcio, dagli spalti. Insegniamo ai ragazzi un utilizzo dei social adeguato. Un’educazione civica a 360 gradi, sperando che l’ennesimo appello non cada nel vuoto.

Paolo Panico

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