Un tema in bianco e nero: un’altra coppa sfiorata

Una sconfitta può fare tanto male. Ciascuno conosce, sportivo praticante o semplice tifoso, l’esperienza di quanto questa possa condurre ad un male anche fisico, di quelli che rendono difficile il respiro. La sconfitta di Monaco di mercoledì è una di quelle, sicuramente immeritata, ma che negli annali rimarrà come una sconfitta.

La Juventus ha fatto quello che nelle ultime stagioni di calcio continentale non era riuscito a fare nessuno: andare a Monaco e dominare lo squadrone di Guardiola. Perché i miracoli riescano, però, deve andare tutto bene: l’arbitro deve essere in buona forma, nessuno dei 14 che giocano deve essere in giornata no (soprattutto se hai già tanti giocatori fuori), un campione navigato – che pure ha giocato una grande stagione – non deve commettere un errore banale al 91’, devi essere perfetto per 90 minuti non 70 come gli stessi tedeschi ci avevano insegnato all’andata. Senza parlare della sciocchezza storica di Siviglia.

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Evidentemente molte di queste cose non si sono incastrate perché la nostra euforia, quasi incredulità, della prima ora di gioco non si trasformasse in dramma sportivo. Come essere svegliati a schiaffi in faccia. L’importante ora è come si reagisce, e la Juve sembra averlo fatto nel migliore dei modi rinnovando il contratto ad Allegri. Che di questa Juve ormai formato Europeo, e senza tema di smentita, è uno degli artefici principali. E voglio citare due soli episodi: per la mentalità che è riuscito ad inculcare alla squadra (mancano tre big? Ne ho altrettanti in panchina) e per la flessibilità tattica (la presenza contemporanea di Evra e Sandro sulla fascia, a scapito della punta classica, ha costretto Guardiola a spostare Ribery prima sull’altra fascia e poi verso la panchina).

A mente fredda è però giusto fare anche qualche riflessione più oggettiva in previsione futura, perché questa maledetta coppa con le orecchie prima o poi la dobbiamo rialzare al cielo. Qualche top player in più non guasterà. Se in difesa siamo evidentemente al top, occorre capire bene se è Rugani o qualche altro giovane che sia già pronto a far rifiatare periodicamente e senza problemi le nostre tre colonne d’Ercole. A centrocampo non si può rischiare di dover giocare con Hernanes o un Pereyra purtroppo mai riavutosi dall’infortunio, una partita così decisiva. In attacco lo scorso anno avevamo una prima punta di livello mondiale, Mario Mandzukic ne può surrogare lo spirito combattivo e la dedizione ma tecnicamente e in quanto a peso sulla partita, purtroppo siamo lontani. Per finire possiamo dedicare solo le ultime righe al derby in trasferta, gara dalla grande atmosfera e soprattutto decisiva per capire se oltre allo società anche i giocatori hanno smesso di soffrire dopo 24 ore e sono pronti a tornare a correre, alla faccia dei gufi nostrani. Perché andarci vicino conta solo alle bocce (cit.).

Salvatore Arpaia

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