Paul Pogba: Golden Boy, dentro e fuori dal campo. Sognando il pallone d’oro alla corte della Signora…

Cosa sarebbe un genio, privo della sua stravaganza? Semplice, non sarebbe un genio. Un po’ come, senza cresta dorata o esultanze postmoderne, Paul Pogba non sarebbe Paul Pogba.

GOLDEN BOY – Il passo da 0 a 100 million dollar man è breve se fatto dal francese. Vuoi per le sue gambone lunghe, vuoi per la sua classe quando tra di esse ha un pallone. Sì, perché di numeri, il Polpo, ne ha mostrati tanti negli ultimi anni per arrivare alla valutazione economica che lo portano di diritto ad essere un Golden Boy. E tanti ancora ne avrà da mostrare, in campo e fuori. Perché? Perché se si parla di stile limitarsi al prato verde sarebbe riduttivo. A 22 anni Paul non è solo uno dei più promettenti, costosi, e forti giocatori del pianeta, ma è anche portatore sano di stile, look fuori dall’ordinario e messaggi social. Insomma, un mix perfetto tra genio in campo e “sregolatezza” fuori. Chiamarla poi sregolatezza, forse è anche eccessivo, in quanto il numero 10(+5) non va mai oltre certi limiti: taglio alla moda, post su twitter e completi dorati ma sempre professionale e pronto a scendere in campo. Insomma un buon compromesso per il “baby-fenomeno”, che ha ancora tanto da imparare e, soprattutto, da mostrare.

PIGRIZIA DA CAMPIONE – Una delle accuse che mai si potrebbero fare a Pogba è di essere banale: in campo è capace, quando vuole, di stupire e sorprendere avversari e pubblico proprio come fa fuori. E ci riesce non solo quando è decisivo, lavora per la squadra, o riesce in gol meravigliosi. Ma anche quando in realtà è pigro. Attenzione, definiamo con precisione il significato di tale termine. A inizio anno, forse cullato dall’essere divenuto oggetto del desiderio di mezza Europa, Pogba si è lasciato trasportare da Pogba. Ovvero, la sua immagine da fuoriclasse assoluto lo ha un po’ discosto dal reale impatto sul campo. Un po’ troppo appariscente e poco concreto, un po’ troppi tricks e pochi crack. Insomma, il successo è normale che porti a dormire sugli allori, soprattutto alla sua età. Ma, infondo, questi suoi standby rispecchiano lati da campione che, se non avesse, forse sarebbero ancor più preoccupanti. La tipica non-chalance francese fa parte di lui, così come di altri campioni suoi compaesani: dallo storico Le Roi, al contemporaneo Menez, passando per il “germanizzato” Ribery. Insomma quel gioco-non gioco, contornato da ghirigori, effervescenze che saltano all’occhio tipiche da Art Nouveau, che se non avessero non li porterebbero ad essere ciò che sono. E potrebbe Paul Pogba, privarsi di tale caratteristica?

Pogba

NIENTE SCUSE – Questa non vuol’essere di certo una giustificazione, anzi. In campo si scende per dare sempre il 100%, per se stessi e, soprattutto per la squadra. Ma stiamo bene in guardia dal non snaturare mai l’essenza dei giocatori. Paul ha dimostrato di essere in grado di compiere gesti belli da vedere e accompagnarli a prestazioni massicce, di peso e di sacrificio. Lasciargli ogni tanto il “piacere del piedistallo” è quanto di più normale possa esserci. Avere un Da Vinci e non metterlo in bella vista sarebbe uno sgarbo all’arte stessa. Che la pigrizia sia parte del tutto, dunque, perché “Il Polpo” è come è anche perché appare. Che si tratti di disegnarsi una Pokéball tra i capelli per “catturare i propri avversari”, o di trasformarsi in un supereroe col simbolo di Batman sulla tempia, di superare con un tunnel un avversario o disegnare traiettorie impossibili che finiscano a fondo rete.

La strada per diventare numeri uno, è fatta di concretezza e appariscenza. Concreto come la consistenza materica e appariscente come l’oro: magari come il Pallone d’Oro. Magari come Paul Pogba.

Mattia Riccio (@MattRiccio11)

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