“Platini e Maradona, quanti ricordi: Michel tirato, Diego showman. E quella cena con l’Avvocato…”

È un pezzo di storia del giornalismo sportivo italiano, che ha a suo modo rivoluzionato: Gian Piero Galeazzi, con i suoi interventi da bordocampo, ha portato gli spettatori dentro lo spettacolo. E, ora, ha raccolto tutto in un libro, ‘L’inviato non nasce per caso’. C’è tanto spazio per Michel Platini e Diego Maradona, simboli di Juve e Napoli, che oggi sono tornate a contendersi il titolo come ai vecchi tempi. Quanti ricordi, che Galeazzi ha raccontato ai microfoni della ‘Gazzetta’: Platini con me faceva il francese altezzoso, dice. “Pensava che fossi romanista, ma io ero e sono laziale. Era l’ultimo a uscire dagli spogliatoi e per l’intervista mi obbligava ad aspettarlo a lungo. All’epoca per noi il tempo era vitale, il servizio dovevamo correre a montarlo nella più vicina sede Rai: in quelle attese mi giravano a mille”.

Ma, poi, qualcosa è cambiato:  “Nel 1988 seguimmo assieme l’Europeo per la Rai. Michel, come opinionista, prendeva mezzo miliardo di lire, mi pare, cifra enorme per l’epoca. Giocavamo a tennis tutti i pomeriggi e mi sfondava sul piano fisico. Scoppiò la simpatia”. C’è un però:Michel era ed è un po’ tirato, non pagava neppure le palline, e mi portava a mangiare ai buffet dell’Uefa, gratis. Il giorno del suo 33° compleanno, in quel giugno del 1988, mi invitò a cena assieme ad altre persone in un ristorante italiano di Stoccarda. Pagò lo champagne, per il resto facemmo alla romana. Michel mi ha raccontato che da giocatore Boniperti gli proibiva di accettare soldi per gli inviti alle feste dei club dei tifosi, così lui si faceva “pagare” in vini: deve avere una cantina eccezionale”.

E Maradona? Diego era ed è un uomo di spettacolo, un personaggio universale, chiosa Galeazzi, che poi ricorda: “Il pomeriggio della festa del primo scudetto mi rubò il microfono e cominciò a intervistare i compagni. Io ebbi la freddezza di defilarmi e lasciargli il mio ruolo. Vennero fuori 16 minuti storici, che ancora impazzano su internet”. Dopo la festa in campo, seguì quella al ristorante: “Da Ciro a Mergellina, un classico. Lì Diego aveva una sala riservata. Quando andava in onda il mio pezzo alla Ds, lui correva al mio tavolo: ‘Galeazzi ma che c…. hai detto?’, urlava ridendo. Altro calcio, altri rapporti. Era tutto più umano, meno surgelato”.

Ma Juve-Napoli è anche l’avvocato Agnelli e le interviste al Comunale, prima delle sfide contro i partenopei: “Era un corteo, una processione”, racconta il giornalista. “Fondamentale non sbagliare la prima domanda. Una volta gli chiesi: ‘Avvocato, in Italia ci sono più juventini o più democristiani?’. Risposta: ‘Indagherò, ma l’argomento mi diverte e vorrei continuare la conversazione stasera a cena dall’avvocato Chiusano’. Andai, e a tavola trovai pure un giapponese, forse il presidente della Honda. Agnelli aveva nel piatto un riso in bianco, beveva acqua, e gli altri commensali si adeguavano al suo menu. Io intercettai il cameriere e gli domandai se ci fosse del vitel tonné, Agnelli sorrise. Uscii dalla villa e venni scortato dalla stradale fino alla Rai di Torino, dove ero atteso per un collegamento: mi sembrava di essere un capo di Stato. Che fenomeno, l’Avvocato”.

Altro calcio, altri tempi. Ma come vede Galeazzi la sfida odierna? “Direi Juve, ma penso che l’assenza di Chiellini tolga molto ad Allegri. Potrebbe esplodere la santabarbara del Napoli”.

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