Da Palermo a Palermo, il viaggio di Sturaro con la Juventus: dal debutto tra i grandi, al grande tra i debuttanti

Chissà, forse il segreto è proprio questo: cambiare tutto per non cambiare davvero. Una sorta di Gattopardo duepuntozero, l’avventura di Stefano Sturaro. Che con il sangue blu dei protagonisti del romanzo ha probabilmente pochi punti in comune: lui, di nobile, ha soprattutto l’animo. Uno di quelli capaci di rialzarsi da un ginocchio rotto quando sogno e lavoro non sapevano ancora coincidere, uno di quelli in grado di reggere – con così semplice leggerezza – l’urto dell’emozione e delle pressioni di chi ha sempre da dimostrare tutto. In Sicilia? Il sanremese ha continuato il suo canovaccio da comprimario di talento. Ed ha infilato un gol, infiniti chilometri, e la solita irruenza: tre punti perfetti, volti a sintetizzare – forse anche banalmente – il viaggio interiore dell’ex Genoa. Arrivato da promessa, venuto su da uomo.

DA PALERMO… – Il calcio, ovviamente, non poteva esimersi dall’esprimere tutta la sua magia: da Palermo a Palermo, il viaggio di Stefano diventa un lungo stradone che trova la sua massima espressione proprio al Barbera. Lì, tra scorci di primavera e l’ennesima partita chiusa, ebbe inizio ogni cosa: con quei ventidue anni freschi, con quella settimana di lavoro intenso che culminò con una maglia da titolare scippata all’allora intoccabile Vidal. Gioia immensa, per Sturaro. E un minuto d’emozione subito sostituito da quarantacinque d’assoluto livello. E come sempre, d’intensità e lavoro sporco. Come continuerà da quel momento in avanti, pure di fraseggi e tocchi dentro. E poi di centimetri. Che dividono, che uniscono. Che cambiano le sorti di un tackle, di un intervento, di una partita intera. Un centimetro in più che sbarra la strada agli avversari, uno in meno che evita un fallo. Al Pacino in “Ogni maledetta domenica” docet, Sturaro mette meravigliosamente in pratica.

A PALERMO! – Otto mesi da quel debutto, quasi dodici invece con la maglia della Juventus. Nel mezzo: una Coppa Italia, uno scudetto, una Supercoppa. E la Champions, sì: giocata con quell’intensità con cui si batteva sui campi della provincia ligure. La stessa con cui ha affrontato Cristiano Ronaldo e Gareth Bale, con cui ha scippato ad un certo James Rodriguez il gol del ko in semifinale, a Torino. Una rete che avrebbe cambiato la storia di quella coppa e della stagione. Oltre alla sua, s’intende: iniziata con una maglia rossoblù da conquistare gara dopo gara, proseguita con una notte insonne e la convocazione in fretta e furia da parte della Juve. Culminata infine in quella notte di Berlino, in quel sogno soltanto accarezzato. Ad oggi sembra un’eternità, e invece non ha dovuto cambiare neanche il calendario sopra il frigo.

PUNTO FERMO – Da Palermo a Palermo. Passando per altre mille tappe con una gran bella storia rinchiusa nel cruscotto delle emozioni. Ma questo è solo un piccolo cerchio che si chiude: ne verranno altri, sicuramente più intensi. E probabilmente più belli, e di certo con la loro dose di sano fascino. Perché nella vita gattopardiana di Sturaro non ci si può non aspettare l’ennesimo finale a sorpresa. Che forse è già scritto, o semplicemente abbozzato sul primo pezzo di foglio trovato in giro. Che di sicuro ha a che fare con questa nuova Juventus: più cinica, più quadrata, più grintosa in mezzo al campo. Più “sturariana”: a tratti bella, a tratti meno. Però efficace. Però concreta. Però da Juve. E da Stefano, e con Stefano.

Cristiano Corbo

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