Juventus, il racconto di Simone Muratore dall’operazione alla “rinascita”: “Ho pensato: ‘E se domani non mi sveglio?'”

Il racconto di Simone Muratore a ‘Secondo tempo’, dall’operazione alla rinascita: “Ho pensato ‘E se domani non mi sveglio?'”.

Simone Muratore è stato uno dei primi giocatori, negli ultimi tempi, a essere cresciuto nel settore giovanile e a debuttare poi con la prima squadra della Juventus. Il 13 novembre 2021, però, ha segnato la sua vita per sempre segnata con una diagnosi: tumore al cervello, un neurocitoma al ventricolo sinistro. Un mese dopo, il 13 dicembre si è sottoposto all’intervento durato per ben 12 ore e che ha segnato un vero e proprio spartiacque.

Con il tempo, il sogno di tornare a essere un calciatore è svanito – si è ritirato definitivamente lo scorso dicembre. Nonostante ciò, alla Juventus il suo posto l’ha trovato ugualmente: da allenatore in seconda dell’U14. Di questo, e non solo, Simone Muratore e i suoi affetti cari hanno parlato a Dazn nel corso di Secondo tempo, un lavoro realizzato da Juventus Creator Lab.

Intervista Muratore a ‘Secondo tempo’: “Ho pensato ‘E se domani mi sveglio e sono paralizzato?’

Simone Muratore (Allenatore in seconda U14): “Ho sempre detto che io finita la carriera calcistica, chiudevo a chiave questo portone qua e non ne volevo sapere più niente. Sentire Buffon, Chiellini, Bonucci, Ronaldo caricarsi a vicenda sono state cose che ricordo con piacere. Da piccolo quando andavo a fare il raccattapalle allo stadio, ero lì, vedevo i giocatori giocare allo stadio, i tifosi, dopo un paio d’anni ritrovarmi lì a giocare è stata una grande emozione. Crollo del 13 dicembre prima dell’operazione del 14? Ho pensato: ‘E se domani mi sveglio e sono paralizzato? O non mi sveglio?’. Avevo bisogno di mia madre, perché poi un suo abbraccio fa la differenza e per me quel momento lì è stato unico.

Per me il calcio è divertimento, felicità e passione: è ciò che cerco di trasferire a questi ragazzi. Quando vengono a Vinovo, devono varcare quel cancello con il sorriso. Sono dei ragazzini che stanno cercando di arrivare al proprio sogno, ma secondo me nella crescita bisogna esserci tatto. Tornare a giocare a calcio ai livelli di prima era come una scalata su una montagna. Ancora oggi, su tante cose, non sono come prima. La parte destra è meno sensibile della sinistra. La memoria va e viene.

Io ci ho provato, non è stato possibile, ma questo non vuol dire che finito il percorso da giocatore la mia vita finisce. Se tu sei consapevole che non torni più quello di prima perché determinate cose non riesci più a farle, sei apposto. Per me l’importante era essere apposto con me stesso. Se c’è una cosa che anni fa dicevo, se devo fare una scala delle cose più importanti della mia vita c’erano il calcio, l’amicizia, la famiglia e la salute. Ora no, ora c’è la salute e la famiglia ai primi due posti. Questo è il mio mondo, io mi trovo bene a star lì e respirare l’aria di campo. Poi Vinovo ha la sua aria che non vi so spiegare, è casa”.

Sonia Garino (Mamma di Muratore): “Quando ha esordito lui ci aveva avvisati già il pomeriggio perché negli spogliatoi aveva parlato con Ronaldo il quale gli aveva detto: ‘Simone tieniti pronto’. Io il trasferimento in Portogallo l’ho vissuto male, per me era un distacco troppo forte, forse un presentimento per ciò che è successo dopo. Tutto è partito quando era in Portogallo da qualche mese, un mattino lo cercai al telefono ma non mi rispondeva. Mi ha risposto più tardi dicendomi: ‘Mamma sono ancora coricato, non sono andato ad allenarmi perché ho tanto mal di testa’.

Io mi sono preoccupata perché lui non era soggetto a mal di testa e avevo sentito anche la voce affaticata. Il giorno dopo va ad allenarsi, ma la società ha preferito farlo vedere, gli hanno fatto fare subito una Tac – era un venerdì -, il risultato è arrivato nel pomeriggio, questo medico ha consigliato alla società di farlo ritornare a casa. Lui ci dice: ‘Mamma stasera torno’ e per noi è stata una sorpresa perché non ci aveva detto della visita. Io e mio marito siamo andati a prenderlo a Milano felici perché ritornava a casa un paio di giorni, ma Simone era strano, non era il solito Simone che aveva voglia di ridere o di raccontare.

Era strano. Arrivati mi dice: ‘Mamma siediti, ti devo parlare’. Ci ha detto questa cosa e che il giorno dopo avremmo dovuto essere già a Torino per una risonanza e quindi ho capito la gravità della cosa. Mi sono sempre chiesta: ‘Perché non è successo a me, perché a lui che sta realizzando il suo sogno? Il suo percorso era sulla vetta, poteva spiccare il volo’.

Da quel giorno lì, era il 13 novembre 2021, tutto è cambiato (ndr, gli è stato diagnosticato un tumore al cervello, un neurocitoma al ventricolo sinistro e con l’operazione rischia la vita, la paralisi della parte destra e la carriera). Il 13 dicembre (ndr, giorno prima dell’operazione durata 12 ore e dopo la quale è rimasto in terapia intensiva per altre sei notti), Simone ha mangiato la cena, avevamo la camera insieme e io dormivo con lui. Non avevo mai visto Simone crollare. Quella sera ci diamo la buonanotte e dopo 10′ con le luci spente lo sento piangere, credo sia stato il momento più difficile. Mi ricordo che ho fissato la maniglia della porta della camera per tutto il giorno, con la speranza che si aprisse e che qualcuno venisse a dirmi qualcosa.

Quando l’ho visto, ho pensato: ‘Chissà se lo porto a casa’. Era con gli occhi sbarrati, non so se mi ha conosciuta. Io lo accarezzavo, ma non mi dava cenni. Aveva quest’occhio fisso, gli ho chiesto tante volte se mi conosceva ma lui l’unica cosa che mi ha fatto è stato un verso. La Juventus gli ha spalancato le porte e quindi appena è stato autonomo nel guidare, ha iniziato ad andare a Torino. Di lì ha fatto anche tanta fisioterapia. Lui ha sempre creduto nel poter tornare a giocare. Oggi lo vedo felice perché sta realizzando una parte del suo sogno. Comunque rimanere sempre in quell’ambiente e calpestare sempre quel rettangolo di verde, siamo orgogliosi di lui. Semplici eravamo e semplici siamo rimasti”.

Marco Muratore (Papà di Muratore): “Quando ci ha telefonato che andava in Portogallo, ci ha detto che doveva deciderlo subito. Una settimana-dieci giorni dopo l’operazione Simone uscì dalla sala rianimazione, facciamo una videochiamata, io ero a casa da solo mentre mia moglie era vicino a lui e mentre gira il telefono verso Simone, l’occhio destro che prima era fisso, ho visto che stava guardando il telefono e da lì ho cominciato a rincuorarmi avendo visto un piccolo miglioramento. Da quel momento tutti i giorni, pian piano c’è stato qualcosa di nuovo”.

Muratore durante l'intervista per Juventus Creator Lab
Intervista Muratore a ‘Secondo tempo’: “Ho pensato ‘E se domani mi sveglio e sono paralizzato?’ – screenshot – spazioj.it

Lara Muratore (sorella di Muratore): “In quest’occasione (dell’operazione, ndr) si è rivelata una persona molto forte, con una voglia di vivere fortissima. Ho un video sul telefono che ritrae lui che corre nel cortile dopo 20 giorni il ritorno a Milano e quello è stato wow, non ci aspettavamo avesse una ripresa così veloce dopo un intervento che doveva durare 4 ore, ma che invece ne è durato 12”.

Gianluca Pessotto (Football Teams Staff Coordination Manager): “La vicenda di Simone ha coinvolto tutta la famiglia Juventus, era un giocatore di buona qualità che sapeva usare diversi piedi e aveva giocato in vari ruoli e quindi ha questa visione globale di ciò che accade dentro al campo. Quando ti confronti con i ragazzini pronti ad assorbire qualunque cosa, avere di fronte un ragazzo che è cresciuto nel settore giovanile, che ha esordito in prima squadra, che ha avuto momenti difficili ma li ha superati, sicuramente riesce a creare un bel rapporto con i ragazzi.

Un ragazzo sempre stato preso ad esempio, uno di quei ragazzi che vuoi sempre avere nello spogliatoio. Abbiamo pensato di dargli questo doppio ruolo: collaboratore del secondo gruppo dell’U14 e parallelamente l’abbiamo inserito anche nel team del lavoro individuale. Lui può trasmettere tanto, non solo dal punto di vista tecnico ma anche umano. Speriamo che possa imparare e crescere, lo accompagneremo. Simone fa parte della nostra famiglia. Siamo felici che lui possa insieme a noi capire cosa vorrà fare da grande”.

Simone Loria (Allenatore U14): “Lo vedevo con abbigliamento da allenatore, mi sembrava strano. Dentro di me mi chiedevo: ‘Ma è possibile che è già una roba da allenatore nonostante sia giovane?’. Cerchiamo di aiutare i ragazzi a crescere non solo nell’aspetto tecnico, ma soprattutto in quello comportamentale rendendoli consapevoli delle qualità che possono avere ed essere rispettosi di un percorso qui alla Juve e responsabili di ciò che fanno negli spogliatoi e in un campo da calcio. Loro capiscono se un adulto gli può insegnare qualcosa oppure no. Se capiscono che gli puoi insegnare qualcosa ti seguono sempre, se capiscono che non gli puoi insegnare niente allora ti abbandonano”.

Fabio Grosso (ex allenatore di Muratore alla Juve): “Era uno di poche parole, ma che rimanevano, però soprattutto di tanti esempi, volontà di allenarsi sempre al meglio, competere ed essere protagonista. Quando un ragazzo sogna di togliersi le più grandi soddisfazioni sul campo e una malattia non glielo permette più, quello di poter tornare su quel campo è un’opportunità bella. In un’età molto giovane riesce a stare sul campo e cercare di strutturare un’esperienza tale che gli consente di togliersi delle bellissime soddisfazioni, sono quelle che lui merita”.

Luca Clemenza (ex compagno di Muratore alla Juve): “Simone è sempre stato un leader silenzioso. Nonostante fosse un anno più piccolo, la sua presenza si sentiva molto”.

Lorenzo Daniele (Amico di Muratore): “Mi chiamava dopo l’allenamento e mi diceva che non riusciva più a fare le stesse cose di prima”.

Clemente Grimaldi

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