La Rivoluzione Sarrista

La storia è piena di movimenti rivoluzionari, ma nei libri troviamo poche volte la parola “rivoluzione” associata ad un altro aggettivo: la Rivoluzione Francese, la Rivoluzione Russa, alcune volte la “Rivoluzione” Americana. Allontanandoci dall’ambito storico, ecco spuntare altre rivoluzioni, come quella Copernicana che nel corso del ‘500 mise al centro l’uomo nel mondo.

Perché scomodare la storia per parlare di una squadra di calcio, per giunta solo alla seconda partita di campionato? La risposta non tarderà ad arrivare.

Sarri per anni ha rappresentato il rivale numero uno per la Juventus e l’idolo indiscusso dei tifosi del Napoli, e il suo arrivo a Torino ha colpito pertanto l’immaginario collettivo. Dopo la prima conferenza stampa si è capito subito quali fossero le prerogative del mister, puntare su calciatori di qualità e funzionali al progetto, partendo dall’imprescindibilità di Pjanic e Ronaldo.

Nelle prime amichevoli, organizzate più per diffondere il marchio Juventus che come viatico della preparazione stagionale, la mano di Sarri non si è vista per niente, tranne nell’inserimento dei nuovi innesti portati dal mercato, come Rabiot e De Ligt, su cui il mister ha fatto capire di puntare molto. Ma ogni indiscrezione giornalistica sulle cessioni bianconere è completamente saltata dopo la fine della tournée asiatica, quando Sarri ha deciso di affidare il ruolo di incursore del centrocampo a Sami Khedira, che sembrava il primo indiziato a lasciare la Juventus.

A partire da questa scelta, che ha fatto storcere il naso a molti tifosi, l’allenatore napoletano ha fatto intendere di voler prendere decisioni forti se inserite all’interno di un piano tattico ben organizzato: da qui il “sacrificio” di Dybala, a cui è stato preferito nelle prime due giornate un altro campione, che per giunta conosce già le direttive di Sarri, Gonzalo Higuain. Sebbene la polmonite ancora non ha permesso ai tifosi bianconeri di tastare il carattere del mister in panchina tali scelte fanno capire fino a che punto questi vuole spingersi nell’imporre la sua visione del calcio.

Ricordiamo come lo scorso anno la Juventus tendeva a imporre poco il suo gioco, per giunta lento e macchinoso, affidandosi alle iniziative individuali per tentare di scardinare le difese avversarie. Paradossalmente l’atteggiamento più “sarriano” della Juventus di Allegri, nel ritorno degli ottavi contro l’Atletico Madrid, fu dovuto più alla necessità di rimontare che alla volontà di schiacciare l’avversario. Le due partite con l’Ajax dimostrano infatti che il piano tattico dell’allenatore toscano era sempre stato quello di arrivare “con calma” al vantaggio, per poi mantenerlo chiudendo la difesa: gli errori individuali (Cancelo) e l’assenza di Chiellini impedirono fatalmente questo progetto.

Sarri invece ha completamente cambiato la Juventus in soli due mesi. La squadra ha avuto la possibilità di liberare le sue grandi potenzialità latenti nel big match di sabato sera contro il Napoli, una partita sicuramente probante per la Vecchia Signora. Difesa alta, centrocampo dinamico, esterni liberi di svariare, sovrapposizioni continue sulle fasce e passaggi ad un tocco: una vera e propria Rivoluzione Sarrista. Nel corso del primo tempo il contropiede innescato e rifinito da Danilo e la magia di Higuain hanno portato ad un dominio totale, non portato a compimento solo a causa dell’imprecisione di un Khedira che è apparso completamente rigenerato. Il pressing altissimo voluto da Sarri ha però fruttato il gol di Ronaldo all’inizio della ripresa, il cui merito va condiviso quindi con il mister.

Non si può ovviamente prescindere da ciò che è successo nel secondo tempo, a risultato apparentemente acquisito. Al calo fisico generale si è accompagnato il debutto da incubo di Matthijs De Ligt, fuori forma per colpe non sue e sicuramente ancora lontano dal comprendere il dinamismo del calcio italiano. Tuttavia le colpe del ribaltone non sono ascrivibili totalmente al centrale olandese, che avrà tutto il tempo per diventare uno dei difensori più forti del mondo: il calcio di Sarri infatti necessita di qualcosa che non può essere capito e interiorizzato dopo soli due mesi, la chiusura delle linee di passaggio. La solidità difensiva della squadra deve infatti passare da un impegno costante di tutti i calciatori nel recuperare palla e ripartire.

La forma fisica arriverà nel corso del tempo e la squadra apprenderà gli insegnamenti del mister, ma c’è qualcosa da aggiungere: la Juventus ha ancora tante frecce al suo arco. Demiral, Rabiot, Ramsey, Emre Can, Bernardeschi e Dybala per vari motivi ancora devono integrarsi totalmente nel progetto Sarri, e il loro utilizzo potrebbe rivelare delle sorprese che non possiamo ancora ipotizzare. Se ci sono dei presupposti per una stagione ricca di soddisfazioni, ce ne sono altri per una svolta epocale: una Rivoluzione che può fare la storia, appunto.

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