Col bel gioco non si vincono trofei. La caduta della Juventus di Allegri contro il calcio totale

Col bel gioco non si vincono trofei“. La verità sta nel mezzo. Come sempre. Massimiliano Allegri rispondeva così alle critiche alla sua Juventus un annetto fa. Era l’anno del super Napoli di Sarri che arrivò secondo, sfiorando l’impresa. Era un Napoli totale. Che dava spettacolo e divertiva. Era la solita Madama, cinica, spietata, affamata. Squadra.

Una frase, quella di Max, che dice tutto e niente. Non esiste una sola visione del calcio, fortunatamente. Il bello di questo sport è nella diversità di idee, molto spesso profonde, che corrono tra i vari club. Eppure, ieri sera, l’Ajax del bel gioco ha eliminato la favorita Juventus dalla Champions. Meritatamente. Con un doppio match da urlo e un secondo tempo all’Allianz da incorniciare. Otto uomini ad attaccare, costantemente, la metà campo avversaria, sempre palla a terra, dialoghi nello stretto, giocate tecniche e verticalizzazioni improvvise. Una gioia per gli occhi degli appassionati di calcio. La Vecchia Signora ha meritato l’eliminazione, al cospetto di una squadra giovanissima che non aveva nulla da perdere.

DALLE LEZIONI SI IMPARI: L’UTILITARISMO D’ALLEGRI

Allegri è un grande allenatore. Su questo non ci piove. I numeri parlano per lui. Eppure qualcosa a livello di espressione di gioco non ha mai convinto. La sua Juventus si basa eccessivamente sul concetto di utilitarismo: Ronaldo non poteva bastare, nemmeno ieri. Serviva altro. Mancavano, a dire il vero, altri singoli importanti. Ma non può essere una giustificazione. Serviva un’identità precisa, che andrebbe costruita, passo dopo passo, a partire dal campionato. Dove, molto spesso, i bianconeri hanno chiuso la pratica in un niente e non sono riusciti a sviluppare quel salto di qualità che li porterebbe a giocarsi la Champions. In Europa, ce lo insegna la storia, serve altro. Oltre lo spirito indomito e la fame. Servono idee. Le statistiche di ieri sera evidenziano un dato allarmante: è stato un predominio Ajax. In casa, a Torino, dove quasi mai nessuno è uscito indenne. Ieri sera l’orchestra ha battuto i singoli.

Ieri, sia chiaro, non è stata la solita Juventus. Anzi, una delle peggiori prestazioni sotto la gestione Allegri. Dire che Szczesny è stato il migliore in campo è simbolico di quanto abbia sofferto Madama. Troppi calciatori fuori fase, troppi singoli che non hanno uno spartito da interpretare. Con l’Atletico la Juventus riprese una qualificazione con la rabbia, con l’orgoglio. Ieri nemmeno quelli sarebbero bastati. L’Ajax ne aveva semplicemente di più: aveva un’idea per cui combattere. Uno spartito magistralmente imposto dal tecnico, Ter Hag, e una miriade di frecce al proprio arco. I bianconeri sono superiori sulla carta, come rosa e come singoli, non c’è dubbio. Il calcio, quello totale orange, però, ha detto altro. Ed è la grandezza di questo sport racchiusa in questo concetto. Coniugare bel calcio e risultati non è affatto facile: ci sono riusciti in pochi, Sacchi, Guardiola, per fare alcuni esempi.

Dopo una caduta, pesante, difficile da digerire, ci si deve rialzare. Tutti insieme. Ed analizzare con lucidità l’accaduto. Non sarà facile. Ma chi si rialza, sa cadere. E questa società l’ha sempre fatto. Il futuro di Allegri non è ancora certo, nonostante le dichiarazioni di ieri. Se dovesse rimanere Max, servirà una svolta a livello d’identità. Costruire una personalità e uno spirito europeo, capace di imporre il diktat bianconero in tutto il continente. L’utilitarismo non può bastare più. Serve anche il bel gioco. Tutti avvisati.

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