Caldara e Bonucci, l’agnello sacrificale ed il figliol prodigo

Esattamente il 12 Gennaio 2017, la Juventus, con un comunicato ufficiale, formalizzò l’acquisto del giovane difensore dell’Atalanta, Mattia Caldara. Come da accordo, il calciatore firmò un contratto che lo avrebbe legato ai bianconeri fino al 2021, ma solo a partire dal 2018.
Il giovane Mattia, ha quindi cercato di dimostrare in quell’anno e mezzo tutte le sue doti, dando sempre il massimo, ma forse non tanto per regalare ottime prestazioni alla sua squadra del momento, quanto per brillare agli occhi della società nella quale ha sempre sognato di approdare.
13 Luglio 2017, finalmente Mattia Caldara può presentarsi come un calciatore della Juventus. Una presentazione passata anche un po’ in secondo piano considerando l’euforia dei tifosi intorno all’affare Cristiano Ronaldo, ma tutto questo non aveva importanza, Mattia aspettava quel momento da 547 lunghi giorni.
Egli diventa ben presto beniamino dei tifosi. Considerate le tante voci di mercato intorno a Rugani, gli juventini avevano scelto il loro nuovo pupillo: un ragazzo giovane e italiano, reduce da un anno e mezzo di gavetta e pronto a dare il massimo per una maglia da titolare.
Anche la società ne sembra legatissima, arrivano offerte di oltre 40 milioni, ma la Juventus è sicura, lo considera incedibile e vuole renderlo il perno della futura difesa bianconera. Nell’abbozzare la nuova formazione nessuno aveva dubbi: Caldara avrebbe fiancheggiato fin da subito capitan Chiellini. Non curanti della presenza di Barzagli, Rugani e Benatia, i tifosi avevano fatto la loro scelta, avevano trovato il ragazzo da proteggere in caso di errori e da osannare in caso di buone prestazioni. Lo stesso trattamento che venne riservato qualche anno prima per un altro difensore…

Eh si, parliamo proprio di lui. Un giovanissimo ragazzo che, dopo una buona stagione in forze al Bari, passò alla Juventus per 8 milioni di euro. Al tempo la squadra era allenata da Luigi Delneri, composta da giocatori del calibro di Marco Motta, Armand Traorè, Alberto Aquilani e altri nomi decisamente lontani da quelli che caratterizzano la società oggi. Era la Juventus del settimo posto in campionato e dell’eliminazione in Europa League contro Lech Poznan e Salisburgo. Questo ragazzo era Leonardo Bonucci.
Leader dello spogliatoio e idolo della curva divenne ben presto “Bonny“. Il ragazzo migliorava a vista d’occhio, partita dopo partita, stagione dopo stagione, fino a diventare, nel giro di pochi anni, il perno difensivo della Juventus, riuscendo a fondare, assieme a Barzagli e Chiellini, la BBC, la difesa più forte d’Europa.
Dopo la sconfitta in finale di Champions League, Leonardo Bonucci chiede la cessione alla Juventus e firma per il Milan. Una volta approdato nella nuova squadra, ottiene il ruolo di leader e capitano. La mancanza di casa, almeno per il momento, non si fa sentire.

Passa una stagione, Caldara è pronto per iniziare a vivere il suo sogno in bianconero e la Juventus è intanto in cerca di un difensore esperto per sostituire il partente Rugani. Bonucci invece? Chiede la cessione al Milan dopo una stagione decisamente sotto le aspettative e decide di terminare così la sue esperienza in rossonero. In testa ha una sola destinazione: Torino.
Il ritorno sembra fantascienza, soprattutto quando il Milan chiede ai bianconeri uno scambio proprio con Mattia Caldara; la società campione d’Italia ci pensa. Si parla di un diritto di recompera per il giovane Mattia, ma i rossoneri non ci stanno, vogliono uno scambio pari e chiedono in più anche Higuain in prestito oneroso. “Un’offerta nemmeno da prendere in considerazione” avranno pensato tutti, ma non la Juve, la quale decide di trattare e infine chiudere questa Maxi-operazione.

Ebbene si, forse certi amori non finiscono, ed è assurdo pensare a quanto siamo disposti a fare pur di riottenere qualcuno al quale siamo molto legati. Stessa cosa avrà pensato proprio la dirigenza Juve, capace di gettar via un giovane capace ed ambizioso pur di riavere un uomo che, ora pentito degli errori commessi, è disposto a farsi perdonare sul campo.
Non sarà facile tornare a chiamarlo “Bonny“, non sarà facile esultare ai suoi goal, ma esattamente come otto anni fa, deve ora essere capace di farsi voler bene da quella curva che adesso forse lo detesta, ma che nel cuore ha ancora impresso il suo numero 19.

Alessandro Zanzico

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