La vera stella di Lazio-Juve è stata l’eleganza di Daniele Rugani

Il sospiro di sollievo è stato di quelli infiniti, di quelli che poi ti senti gli strascichi di mal di testa e pesantezza di braccia. Ecco: calcolate che quello di Daniele Rugani sarà lungo quanto la tratta Roma-Torino, in aereo e in una serata in cui i sorrisi si sprecano. Come le consapevolezze.

Cavolo, la Juve ha vinto. E solo qualche minuto prima questo pensiero si era già ficcato nel cassonetto dei rimpianti, lo stesso in cui conservi un po’ di rigori sbagliati e qualche sbadiglio rilasciato con troppo anticipo. Cavolo, la Juve ha vinto. E non ha preso gol dal miglior attacco della Serie A, ha annullato il centravanti capocannoniere del campionato, ha contenuto un centrocampista che probabilmente si va ad incastrare in classifiche ben più grandi della sua Lazio. Con infinito rispetto per una squadra incredibile, forte, impattante di talento puro.

INEDITO E BELLO

Rattoppati si diventa, belli ci si nasce. Dietro i meccanismi, prima a tre e poi a quattro, hanno ricordato certe ragnatele di Conte. Certe partite in cui il muro è d’acciacio, e manco le pallottole o le imbucate di Lucas Leiva hanno possibilità di scavalcare dal retro. Non c’è che dire: bravo Max. A dare fiducia ancora a Barzagli terzino. Bravo Andrea, poi, a sacrificarsi per gli ennesimi 90 minuti di superba applicazione. Bravo Benatia, e pure Asamoah: hanno tenuto botta, si sono fatti sentire. Ma il bravo più grande se lo prende Rugani, scrostato dal fondo della gerarchia (Howedes è altro discorso) e piazzato in una notte in cui il cuore doveva esser leggero, ma le gambe no.

Le BBR, eccole. Con chiaro riferimento a una pagina di storia italiana, com’è italiana anche questa. Sulla difesa non c’è scuola altrui che esalti di più, probabilmente non c’è mai stata. E la Juve ne è chiara dimostrazione: coi suoi movimenti, con la sua intelligenza tattica, con quel punto fondamentale che in questo Paese e solo in questo Paese diventa punto di forza. Cioè di vittoria.

TENER DURO, ECCO COSA VUOL DIRE

E la vittoria è tutta sulle spalle di questo giovane ragazzo dal cuore d’oro, e dalla pazienza di platino. Ha tenuto duro, sempre. L’ha fatto perché consapevole che un giorno di quell’eredità si può far tutto. L’ha fatto perché essere tra i migliori d’Italia, eppure far panchina, qualche domanda te la fa porre. Soprattutto su te stesso.

Invece Daniele recita la partita come un bambino la poesia di Natale. Respira quando deve respirare, la scaraventa quando il match impone di spazzarla. Sta bene, a suo agio, si rigira in quella mattonella di gioco con gli occhi alti e lo sguardo concentrato. Ecco cosa vuol dire, ecco perché non ci stancheremo mai di dire o scrivere che quest’annata è diversa, particolare, probabimente più intima: è che questa partita diventa l’intero manifesto della stagione di Daniele. A risolverla ci pensa un altro, ma il suo gol dentro di lui l’ha fatto. Anzi, ne avrà messo almeno un paio. A modo suo.

E che gli vuoi dire dopo una notte così? Tutto quello che non gli hai mai detto: che sei bravo, Daniele. E che un posto in questa squadra lo meriti. Come tutti.

Cristiano Corbo

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