40, Gigi, sono tutte le volte in cui mi hai salvato

Lo so, l’unica ‘serie’ che stai vedendo è quella delle domande esistenziali che t’affliggono. Tipo: come si fa ad esser pronti? Cerchi disperatamente un modo per tenere a bada il tempo, d’impedirgli che divori tutto quello che hai costruito e che ti lasci un meraviglioso, ma semplice ricordo. Non più tangibile, lentamente vittima dello scorrere bastardo e delle novità che sempre s’affacciano.

Il ritorno in gruppo un po’ ha consolato, quantomeno ha spinto un po’ di fantasmi in direzione contraria e permette di tirare il fiato, di distendere il sorriso, di concentrarsi sul lavoro. D’inforcare quel paio di guanti e di pensare che a quarant’anni sì, poteva andar davvero peggio.

C’è però una canzone triste in sottofondo negli ultimi giorni trascorsi prima di tagliare quel traguardo, Gigi: è l’incertezza di cui il domani s’appropria senza chiederti copyright o permesso. E’ una di quelle colonne sonore di road movies con la protagonista coi piedi poggiati sul cruscotto e una parte di testa che batte sullo schienale. Solo che non c’è uno squarcio d’America da togliere il fiato: fuori dal finestrino è tutta la carrellata di vittorie, ricordi, momenti incredibili. E anche delle lacrime, sì: che sono ciò con cui hai forgiato il tuo essere prima di tutto un Uomo in questo calcio.

Ma come si fa a non avere rimpianti, poi? A conoscere sempre la strada più sicura e meno faticosa? E poi, ecco, come si fa a smettere di porsi certe domande?
Si fa con tuta, guanti, Vinovo. Lavoro. Si fa che non ci pensi. Si fa che altrimenti non ne esci. Si fa che l’incertezza te la tieni perché è anche bello così: vuoi che il tempo ti porti qualche certezza in più e nel frattempo sai di avere ancora libertà, di poterti concedere il lusso di decidere. Di avercelo ancora in mano, quel futuro.

Patteggi coi quesiti e lasci loro la stanza sul retro della tua mente. Come i pensieri che, di tanto in tanto, lasci in cantina: te ne accorgi solo se ti mancano, perché possono anche mancare. Che quando li realizzi, un po’ la senti quella sensazione. Molto simile alla paura, anche se più vicina ad una rassegnazione quasi ‘domestica’: quella del ‘tempo che passa’ e del mondo preso facendo spallucce. Quelle che realizzi in pigiama, di domenica mattina mentre accogli un po’ di tempo per pensare.

Ecco, ormai è domenica. Una di mille già passate e mille che arriveranno. Ma è la domenica più importante della tua vita: quella in cui non pensi per un istante, né al passato nel futuro.

Un po’ spaventa, lo fa con tutti. Ma t’immagini rilassato su quel sedile, con la strada davanti e una parte di vita che ti scorre di fianco. Rivedendo Rimini o Berlino, chissenefrega. L’importante è stare in pace con se stessi giocando col tempo. E con le sue risposte.

 

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