Allegri e la gioventù non bruciata: la chiave delle vittorie bianconere

La vittoria è ormai di casa in Corso Galileo Ferraris. Ormai è abitudine alzare trofei alla Juventus. La prassi è servita: festeggiamenti più o meno sobri nelle piazze italiane quando capitan Buffon alza una coppa e subito testa alla partita successiva. Importatore di questa mentalità finora vincente è stato Mister Allegri, il quale ha sempre cercato di mantenere alta la tensione per prepararsi al meglio alle grandi sfide. Il temperamento da leader del tecnico toscano mitiga da sempre lo spogliatoio bianconero, con i veterani che vegliano sui giovani bisognosi di crescere ed esprimere al meglio il proprio potenziale.

Calma e sangue freddo

“Ci vuole calma e sangue freddo” recitava un famoso tormentone musicale del 2004. Calma, anzi Halma, per dirla alla toscana. Perché se c’è una cosa che nella gestione dei giovani Allegri non fa, è avere fretta. In un campionato difficile come quello italiano, la maturazione di un giovane richiede tempo e tappe ben specifiche. Lo sanno i vari Rugani, Dybala, Alex Sandro, Sturaro. E lo saprà anche Caldara dal momento in cui varcherà il cancello di Vinovo.

Tutti i campioni appena citati hanno passato con successo il processo di gestione di Max Allegri. Non sono stati buttati nella mischia immediatamente, ma fatti crescere piano piano fino alla prova finale: la prima da titolarissimo e la continuità acquisita. Un percorso di iniziazione che porterà il giovane calciatore a esprimere tutto il suo talento.

L’esempio più citato dagli almanacchi è senz’altro Daniele Rugani, un classe 1994 che in due anni in bianconero è riuscito a diventare uno dei più talentuosi difensori centrali italiani in circolazione. Arrivato nell’estate 2015 a Vinovo, il buon Rugani ha assistito sin dall’inizio al lavoro imposto da Allegri. Prima apparizione in bianconero da subentrato il 30 settembre 2015 nella sfida di Champions contro il Siviglia, prima da titolare il 16 dicembre seguente. Due mesi e mezzo di rodaggio che gli hanno permesso di guadagnarsi nella seconda parte di stagione un minutaggio sempre maggiore, insidiando titolari del calibro di Bonucci e Barzagli.

Sudamericani impazienti di essere protagonisti

Stessa estate, altri arrivi. Paulo Dybala e Alex Sandro, due talenti diventati ormai pilastri del nuovo undici di Max Allegri. Nella stagione della remuntada straordinaria, il tecnico toscano ha applicato alla perfezione il suo metodo di maturazione giovanile. Gli inizi per Dybala e Sandro sono stati caratterizzati da varie panchine e debutti last minute che si sono protratti per varie settimane. Complice la posizione difficile in classifica per la Juve, l’animo dei tifosi bianconeri fu duramente messo alla prova poiché impazienti di vedere giocare i propri idoli sudamericani. Il caso Dybala è più spinoso: la giovane promessa argentina veniva catapultata di colpo ad una realtà da big. Nonostante il talento mai messo in discussione, la Joya ha dovuto faticare per guadagnarsi il posto da titolare ed entrare nei meccanismi dell’ormai vecchio 3-5-2 di Allegri.

Alex Sandro ebbe lo stesso destino, avendo anche un certo Patrice Evra come compagno di ruolo.
La gerarchia iniziale vedeva il francese nettamente favorito nelle preferenze di Allegri. Evra dava sicurezza all’epoca e la sua influenza nello spogliatoio bianconero era troppo alta per essere messo in discussione. L’alternanza Sandro-Evra è stata probabilmente una delle gestioni più spinose per il tecnico toscano nei due anni trascorsi. La chiave di risoluzione è arrivata probabilmente nella prima parte di questa stagione, con il francese alle prese con prestazioni molto meno convincenti rispetto al passato. Ma non è stato solo questo a far trionfare il talento di Alex Sandro: corsa, cross e fisico eccezionale. Qualità che ha sempre avuto e su cui ha lavorato grazie a Mister Allegri e alla sua calma imperiale. Che sia stato proprio Sandro la causa della cessione di Evra al Marsiglia?

Christian Travaini

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