“Ciao Mire, sono Marc: possiamo incontrarci?”. E Pjanić gli risponde così…

Le storie più belle nascono così: aspettando. Magari in un aeroporto. Magari con due chiacchiere, qualche sorriso sincero e uno sguardo perenne, fisso, inchiodato all’orologio. “No, dai: non faccio tardi. Te la racconto tutta, se vuoi”. Lui è Marc, è di Barcellona. È in partenza per la Catalogna e tiene ferma in una mano una busta bianconera. Il logo c’è ed è pure ben visibile: quei pochi tifosi juventini che sono rimasti a Siviglia lo guardano con invidia, curiosità, stupore.

Apre la busta, che ora sembra lo scrigno di un tesoro inestimabile: in realtà è ‘solo’ una casacca blu, enorme, impregnata di sudore e di storia. “È quella di Mire”, sogghigna. E da lì è un fiume in piena, con le sue storie che brillano quasi quanto i suoi occhi. “Non mi sembrava vero, all’inizio. E sì, lo ammetto: que suerte!”. Si dice “fortunato”, Marc. E lo ripete con fare orgoglioso: perché quella ‘suerte’ se l’è costruita. Con un messaggio, senza pensarci più di tanto, ma provandoci senza pudore e false speranze.

“Seguo Miralem dai tempi del Lione, sono innamoratissimo di lui, del suo gioco e di come tocca il pallone”, ci racconta in esclusiva mentre gira tra le mani quel cimelio così semplice, così prezioso. “Da tifoso del Barça ho sempre sperato potesse approdare in blaugrana, me lo sognavo ogni volta che sembrava rompere con la Roma. Poi, beh, poi è arrivata la Juve: e appena ho saputo di Siviglia non ho esitato un secondo”. Carpe diem, ed ecco la felicità.

Monito e consiglio, tutto by Marc: se avete un tarlo, lasciatevi trasportare, non reprimetelo. Lui l’ha fatto: ora stringe quella maglietta come se tutto il mondo dipendesse da una casacca Adidas, con un ‘5’ di colore bianco stampato alle spalle di quel glorioso stemma. “In realtà, non è la prima volta che vedo Mire – ci confida –. L’avevo già visto a Barcellona, da lì ho preso contatti con la ragazza, Francesca“. Non pensava potesse rispondergli, e invece…15215863_10211444507854756_1011646671_o

Invece Marc riesce ad ottenere un appuntamento, a stringergli la mano, a scambiare due parole con quel giocatore che tanto ammira. Che in un istante, diventa uomo, diventa amico. “Davvero, non riuscivo a crederci”. E non credeva neanche a ciò che i suoi occhi gli avevano appena fatto realizzare: gironi di Champions, giro veloce sui siti per il girone del Barça, poi subito si catapulta sui futuri avversari della Juventus. Che sì, ha da volare in Spagna, direzione Siviglia. Non una traversata impossibile se vivi e respiri la stessa aria di Leo Messi. “Dovevo venire, dovevo farlo per forza. Ho inviato un messaggio a Mire, m’ha risposto di vederci in albergo, dopo la partita. ‘Tienes que guardarme la camiseta’, gli ho detto”. E sì, la maglia gliel’ha conservata volentieri.

Il resto è una storia tanto bella quanto poco scontata: Marc raggiunge i bianconeri, euforici dopo la rimonta al Ramon Sanchez Pizjuan. Vede Mire, lo abbraccia e lo ringrazia. “Ma non abbiamo parlato della partita”, chiosa. Cosa si sono detti? Qui sorride e guarda l’orologio: probabilmente avrebbe voluto dirgli che lo aspetta al Barcellona. “Ma no, il solito ‘più e meno’. Niente di che”, conclude. Ecco: non proprio ‘nada’. Non per Marc, che si gira, prende quel ‘5’ e si lascia scattare una foto. Click: un altro momento da ricordare. Grazie a Pjanić. E a chi crede ancora nei sogni. “Adesso spero che la Juve prenda un’altra spagnola agli ottavi, o magari vi raggiungo a Torino”, ci fa, prima di sparire tra il mormorio e le mille facce in partenza dall’Andalusia.
Magari no, Marc. O almeno la seconda opzione ci sembra decisamente preferibile. Di sicuro, questa storia, la tua storia, non si conclude con un semplice abbraccio. Ci vediamo presto, ragazzo: il tempo d’inseguire il prossimo sogno.

Cristiano Corbo

'); }); return; }, add : function(_this){ var _that = jQuery(_this); if (_that.find('p.cpwp-excerpt-text').height()