Calciopoli e post-Calciopoli, quando la “rimozione” diventa collettiva

Nella psicoanalisi, la rimozione è un meccanismo psichico che allontana dalla coscienza desideri, pensieri o residui mnestici considerati inaccettabili e intollerabili dall’Io, e la cui presenza provocherebbe dispiacere. La rimozione va considerata come una modalità universale dello psichismo la cui finalità è proprio quella di difendere, come una sorta di apparato immunitario proprio dello psichismo, l’ideale dell’io in cui ci si rispecchia.

Gli studi del dottor Freud ci vengono in aiuto quando viene tirato in ballo quell’argomento che fa ancora molto male a tantissimi tifosi della Juventus, e che è conosciuto soltanto superficialmente dalla stragrande maggioranza di chi “segue” il calcio. Qualcuno avrà forse capito che stiamo parlando del più grande complotto “sportivo” della storia, ossia Calciopoli, ossia più propriamente detta Farsopoli. Che c’entra il meccanismo della rimozione?

Va detto che l’attenzione sul tema, almeno da parte bianconera, dev’essere sempre desta: sono passati dieci anni, e non saranno mai abbastanza fin quando il “maltolto” non verrà restituito. “Volete ancora parlare di Calciopoli?” Sì, ma questa volta non vogliamo elencare le infinite argomentazioni che, nel corso degli anni, hanno abbondantemente dimostrato quale abominio abbia rappresentato quel processo-farsa del 2006. Vorremmo semplicemente limitarci a capire perché, nel caso dei semplici tifosi o appassionati di calcio, siano stati completamente rimossi tutti i risvolti tragicomici che quell’inchiesta ha conosciuto negli anni successivi al 2006, e che hanno dimostrato quanto la Juventus fosse stata ingiustamente punita e quanto gli altri ingiustamente premiati.

Il tifoso medio viene influenzato dai giornalisti, che hanno allegramente sorvolato sui successivi sviluppi dell’inchiesta, soffiando sulla fiamma dell’anti-juventinismo che attanaglia inguaribilmente una metà dell’Italia. “State dicendo che in Italia i mezzi di comunicazione fanno disinformazione”? Sì, esattamente. La Juventus è l’alibi di chi non vince mai, diceva Trapattoni, e quest’alibi fa vendere copie, cliccare sulle pagine e guardare la tv. Argomento già approfondito in questa sede, purtroppo. Ma sorvoliamo: l’odio nei confronti di chi vince, nel nostro caso cristallizzato in direzione della maglia bianconera, riesce ad annullare completamente i residui di spirito critico o comunque di intelligenza che la massa italica dovrebbe pur avere da qualche parte.

E non parliamo soltanto del tifoso ragazzino, poco avvezzo a quella strana abitudine della lettura: anche persone di un livello intellettuale superiore, magari educate, magari professionisti. E siamo sicuri, permetteteci l’arroganza, che il giudizio sulla “Juve che rubba” (la doppia B è voluta) non sarebbe cambiato anche se i mass-media avessero dato lo stesso risalto al post-Calciopoli. “Ne siete sicuri?” Secondo Wikipedia, “al concetto di rimozione si collega quello di resistenza, un ulteriore meccanismo psichico che impedisce ai contenuti una volta rimossi di tornare nuovamente coscienti”. Inoltre, aggiungeva Jung, i contenuti che riguardano la rimozione, a differenza di Freud, non hanno una valenza solo personale, ma anche storico-sociale. Da qui il concetto di inconscio collettivo con i suoi archetipi propri della specie oltre all’inconscio personale con i suoi complessi personali.

Se c’è un popolo che ha dimostrato di essere molto simile a una banderuola, nel corso della storia, sono proprio gli Banner-Editoriale-Gennaro-Acunzoitaliani: “volete forse psicanalizzare l’Italia intera?” No, sarebbe troppo complicato: provate però a fare due chiacchiere, tanto per capirci, con un tifoso (ma proprio uno qualunque) della “squadra” che grazie a Calciopoli ha vinto dei difficilissimi Scudetti e addirittura una Champions. Noi ci limitiamo a ricordare la frase dell’Avvocato: “Non rispondo a quelli che odiano la Juve perché il loro è solo un problema psicologico”. Non abbiamo altro da aggiungere, vostro onore.

Gennaro Acunzo

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