Tevez: “Simeone mi chiamò, ma vi spiego perché sono tornato a casa”

È tornato a casa, Tevez. E neanche l’inizio stentato di campionato lo fa tornare sui suoi passi, così come le critiche della stampa, per le sue frequentazioni negli ambienti del tifo caldo del Boca Juniors: “È normale, la stampa è così, succede lo stesso con Ronaldo e Messi in Spagna quando perdono. Non mi nascondo, so le regole del gioco”, ha detto Carlitos in una lunga intervista a ‘Marca’.

Tanti sono i perché del suo ritorno in Argentina, ma specialmente uno: “Ero fuori da troppo tempo. Erano anni che non potevo stare con i miei genitori e la mia famiglia. Mi sono perso molte cose. L’Argentina è il mio posto nel mondo, ma ora vivo situazioni strane, come quando sto con i miei amici di tutta la vita e fanno una battuta che io non capisco”.

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Eppure il ritorno a casa non era l’unica opportunità: “Simeone mi chiamò e mi entusiasmò molto”, rivela Tevez. “Giocare in Spagna è un conto in sospeso che mi rimane, ma non potevo dire di no al Boca. Nell’ultimo anno l’unica offerta dalla Spagna era quella dell’Atlético, prima si era interessato il Real Madrid.

Nonostante tutto, c’è qualcosa che gli manca dell’Europa: “La tranquillità che avevo quando uscivo per strada. I tifosi non ti opprimono tanto, qui è un casino ovunque vada. Dal punto di vista calcistico, poco, neanche la massima competizione, esiste anche qui”.

Ma le sue radici sono a Fuerte Apache: “È la mia essenza”, racconta. “Sono stato educato in strada, non a scuola. Gran parte di quello che sono lo devo a Fuerte Apache. Non avevamo da mangiare, ma chiunque ti invitava: ti davano pane, patate… anche quando sono stato nell’élite del calcio, non ho perso questo. Ho avuto sempre da dove venivo e chi ero”.

E, ora, dopo la sua gente, Tevez vuole riprendersi la Selección: “Tornare in nazionale dipende da me. Se continuo a lavorare come finora, immagino che succederà”. Senza stress, perché ha ben in mente cos’è il calcio per lui: “Un gioco. Mi diverto perché lo prendo così. Altrimenti non giocherei, non penso ai contratti, ai soldi che guadagna il mio compagno… Il giorno che non mi divertierò, smetto di giocare. Non avrei problemi, posso vivere senza calcio”.

Il pallone non è dunque un’ossessione: “Non parlo di calcio né lo vedo. Con i miei amici parlo della famiglia, giochiamo a carte”, racconta. “Se si gioca una Madrid-Barça e si stanno giocando un titolo, forse gli do uno sguardo”. E quando si ritirerà, Tevez sa già cosa fare: “Mi piacerebbe viaggiare per il mondo, conoscere tutte le culture, pietanze…”.

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