La partita (quasi) perfetta: la differenza è nella panchina

Le partite perfette a volte durano 90 minuti, a volte meno: nel caso della Juventus di questa sera, la partita perfetta è durata circa 70 minuti. Contro una squadra normale sarebbe bastato, contro il Bayern Monaco no: ed è assolutamente superfluo dire che una qualificazione che sfuma al 90′ grida vendetta al cielo. E non conta dire che si esce a testa alta dall’Allianz Arena: una sconfitta è tale in qualunque modo essa venga, e una grande squadra deve saperla sopportare pur sapendo che la storia di una notte tedesca avrebbe potuto (e dovuto) essere diversa, visto come era andato il primo tempo.

Ancora una volta Allegri l’aveva studiata in maniera perfetta: primo tempo con un 4-3-3 in cui la punta esterna non è Alex Sandro, bensì Pogba, abilissimo ad aggredire lo spazio tra Kimmich e Lahm in cui la Juventus ha creato scompigli nel pripogbamo tempo. Baricentro alto, pressing asfissiante sui portatori (ossia Vidal e Xabi Alonso) e sterile possesso palla orizzontale dei tedeschi. La Juve parte rapida, in verticale, Morata e Alex Sandro fanno sfracelli e i raddoppi sulle fasce non danno spazio alla squadra di Guardiola. Bonucci e Barzagli hanno soffocato Lewandovski, monegaschi costretti a lanciare lungo: mai visto negli ultimi anni.

La partita perfetta riprende nel secondo tempo, dura almeno altri venti minuti nonostante l’ingresso di Bernat e il passaggio al 4-1-4-1 del Bayern: la Juve risponde posizionandosi col 3-5-2 in cui Evra passa a fare il centrale e Cuadrado la seconda punta, ma gli ultimi venti minuti sono la dimostrazione di quanto l’infermeria abbia inciso. Perché Mandzukic non è riuscito a dare lo stesso contributo di Morata, Pereyra non ha svolto il lavoro di Cuadrado, Sturaro ha commesso errori che Khedira non avrebbe commesso. Dall’altro lato sono entrati Thiago Alcantara e Coman, che hanno “spaccato” la partita: Alex Sandro non è riuscito a contenere il giovane francese, e la Juve non è riuscita a proteggersi. Se poi Sturaro spara alle stelle il gol del 3-4 a cinque minuti dalla fine, allora è destino: Thiago quel pallone l’ha messo all’angolino. La differenza è tutta lì.

Gennaro Acunzo

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