Juve-Torino, l’analisi tattica – La vittoria arrivata agli sgoccioli può essere una scintilla, ma sul piano del gioco c’è ancora da lavorare

Si chiude con il risultato di 2-1 in favore dei bianconeri il Derby della Mole. La vittoria è sofferta, arriva a meno di un giro di orologio dal termine, e soprattutto è frutto di una prestazione non bella da parte degli uomini di Max Allegri.

Le due squadre non arrivano nel migliore dei modi alla prima stracittadina stagionale: solamente 12 punti in 10 gare per la Juventus, tre sconfitte consecutive in trasferta lo score granata. Allegri, vista l’indisponibilità di Chiellini, che contro il Sassuolo ha rimediato un’espulsione evitabilissima, decide di riportare Barzagli al centro e schierare Padoin sull’out di destra, con Hernanes a sostegno di Morata e Dybala. Il Toro inizia la partita con un atteggiamento attendista, impostando la gara sul possesso palla orizzontale, cercando la ripartenza appena le maglie bianconere si aprono eccessivamente. Dopo soli 11 minuti, però, Allegri è costretto a ridisegnare la squadra: Khedira abbandona il campo per un fastidio muscolare, entra Cuadrado ed è 4-3-3 netto, con il centrocampista di Recife, apparso molto carico anche in fase di riscaldamento, che si trasferisce in cabina di regia. Quando i bianconeri hanno la palla tra i piedi, i granata si dispongono a 5 dietro, tre al centro del campo e Quagliarella e Maxi Lopez in avanti, spesso troppo isolati, con uno dei due fisso a schermare il regista bianconero. L’ingresso del colombiano è un vero toccasana per la prima frazione di gara: il tasso tecnico si alza notevolmente, così come l’imprevedibilità della manovra e la velocità in ripartenza. Ed è proprio da un’azione che parte dai piedi di Cuadrado che nasce l’azione del gol del vantaggio: il colombiano la gioca verso il centro per Dybala, che con un velo apre a Pogba un varco enorme per sganciare una bomba che si stampa sotto la traversa. Travolgente, potente, sublime. Il Toro non cambia l’approccio alla gara, basandosi sempre sulle ripartenze che passano tutte dai piedi di Bruno Peres, che spesso si accentra a giocare quasi da playmaker e servire le punte. La Juve, comunque, gira bene, eccezion fatta per una disattenzione difensiva al quarantunesimo, con Cuadrado che si dimentica di Molinaro, lasciato libero di servire il centravanti in area.

La seconda frazione di gara continua sulla falsa riga della prima, solo per i granata però: si cerca la palla sulle punte, chiamate a triangolare oppure scaricare la palla sull’out, e si punta sull’estro di Bruno Peres per cercare il gol del pareggio, che arriva dopo soli cinque minuti con un gol strepitoso di Bovo. Al 60’ Zappacosta subentra a Molinaro, autore di un’ottima prestazione, spedendo Peres a sinistra. Se per gli ospiti il copione non cambia, la Juve è in confusione totale: Allegri cambia tre moduli in poco meno di quaranta minuti, Cuadrado viene portato prima nel ruolo di trequartista, poi di esterno sinistro con l’entrata di Mandzukic (con Dybala a destra per rientrare sul sinistro) per poi fare rientro nel suo ruolo originale per il finale di gara; non si vede l’ombra di un’azione manovrata, l’iniziativa è affidata soltanto all’estro dei singoli e mai al gioco di squadra, il giro palla è lento e orizzontale, non si verticalizza quasi mai, ma soprattutto Buffon è chiamato agli straordinari in due occasioni su Glik, lasciato incredibilmente solo al centro dell’area di rigore. La differenza principale tra le due squadre è questa: il Toro termina la gara così come l’aveva preparata ed iniziata, la Juventus è ancora alla ricerca di un’identità che vada oltre le giocate dei singoli.

La vittoria arriva agli sgoccioli, come lo scorso anno, ma ad essere diverse sono le circostanze: la Juve a quel derby si presentava con 3 vittorie di fila contro Empoli, Parma e Lazio, e con un’idea di gioco ben definita. Può essere questa la vittoria necessaria per dare la svolta alla stagione? Dal punto di vista del gioco i progressi da fare sono ancora molti, ma sicuramente si tratta di una vittoria che può dare una bella iniezione di fiducia alla squadra. E, in momenti difficili come questi, è la cosa più importante.

Corrado Parlati (@Corrado_Parlati)

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