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Editoriale

“Vostro Onore, è colpa di Cristiano Ronaldo”

E allora la mia statura non dispensò dal buonumore

a chi alla sbarra in piedi diceva “Vostro Onore”

e di affidarli al boia con un piacere del tutto mio,

prima di genuflettermi nell’ora dell’addio, non conoscendo affatto la statura di Dio.

La maestra storia insegna che gli eroi sono come lune piegate al vento dei “se“. Perché negli eroi risiede il primordiale dogma che, da sempre, istiga l’uomo al dubbio. Anche Gesù – il più grande rivoluzionario che la storia ricordi – fu crocifisso a furor di popolo. Credeva opportuno cambiare il mondo attraverso l’amore. Il sentimento più puro. 
Quello stesso amore che, ai giorni nostri, muta radicalmente in pochi istanti. Basta una punizione sbagliata o un rigore calciato male. E si passa dall’esser dei nell’Olimpo delle certezze all’essere gli ultimi agli altari -meglio altalene – delle opinioni. 

“Vostro Onore, qui l’imputato Cristiano Ronaldo”

Le critiche fanno parte del gioco e sono sempre ben accette quando costruttive. Le distruttive, invece, fanno parte delle chiacchiere da bar: anche perché  – trascendendo futili e pleonastici banalismi – cosa vorrebbe imputare l’onorevole accusa a Cristiano Ronaldo? Una stagione sottotono in Champions? Ne ha vinte cinque. I numeri in campionato? È capocannoniere, forse qualcuno ha problemi nel contare. Il rendimento? Sediamoci, vostro Onore. Analizziamo la situazione Juventus. 

Non ci si appellerà ai numeri – sarebbe sin troppo semplice – e nemmeno alle scuse, parte della giuria ritiene quest’ultime l’alibi dei perdenti. Una rivoluzione, che sia essa societaria, di campo, anche solo basata su un’idea, ha delle solide basi da cui partire: non avverrà mai in un mese e nemmeno in un anno. Una rivoluzione può durare una vita. E i bianconeri hanno attuato una vera e propria rivoluzione: hanno scommesso su Pirlo, hanno ringiovanito la rosa, hanno fatto delle scelte ben precise, che vanno rispettate. La Juve ha avuto ragione negli ultimi nove anni. Lo dicono i numeri, lo dicono gli “altri”.  
Veniamo al dunque: Cristiano Ronaldo è il capro espiatorio? C’è necessità di giustificare una stagione negativa e identificarla con un solo uomo? C’è bisogno di ricordare al mondo chi è veramente Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro? Perdoni la schiettezza: anche Monet fu aspramente criticato. Non era all’altezza. Sappiamo tutti poi come è finita. 

“Il processo mediatico valuta CR7 unico colpevole di una stagione andata in maniera negativa”.

L’opinione pubblica soffia a seconda del vento. Spinge, sorvola, fluttua. Cristiano Ronaldo è, è stato e sarà uno dei migliori di sempre. Lo dice la storia, lo dicono i numeri, che non ricordiamo. E, Vostro Onore, vuole sapere il perché? Li conoscono tutti i numeri di CR7, anche le stelle parlano di lui. Ed è per questo che ha già vinto. Ha vinto perché i ragazzini sognano di diventare lui, perché tutti i club di calcio vorrebbero Cristiano in squadra. Perché CR7 non può essere un danno, non lo sarà mai. E voi lo sapete. Ma lui, tuttavia, si rialzerà. E sabato, domenica, quando sarà, continuerà a segnare. Perché in quegli occhi c’è tutta la maledizione del talento.

In Italia – deo gratias – abbiamo due fenomeni: Cristiano Ronaldo e Zlatan Ibrahimovic. I più odiati, i più criticati. Non sono statuine da poggiare comodamente sulla propria mensola, non diranno mai  cose che il “popolo” vuole sentirsi dire. Altrimenti verrebbero meno a quel meraviglioso principio che è il talento. Insindacabile. Ed il talento arriva a varcare orizzonti troppo limitati: nemmeno la nostra mentre può capire. Non deve capire. E Cristiano Ronaldo è tutto: leader, talento, lavoro, anima. E proprio perché è tutto ha già in tasca la meravigliosa moneta del fallimento, a due facce. Tutti mentono, tutti sbagliano. Lui sa come rialzarsi. È una legge di natura. Andrebbe solo accettata. Arriverà il giorno, l’attimo ineluttabile, della sentenza: verranno dipinte fiamme e l’imputato Cristiano sarà arso dai giudizi di alcuni amanti dello sport più controverso che esista al mondo. 

Il calcio e la A si godano questi campioni. Perché verrà il giorno in cui racconteremo di aver camminato coi giganti. Ed uno di questi porta la maglietta col numero 7 scolpito nell’anima.

Poi – come spesso accade – sarà il tempo a sancire vincitori e vinti. Tutti avvisati. 

This post was last modified on 25 Marzo 2021 - 08:04

Francesco Antonio Ricciardi

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Francesco Antonio Ricciardi