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Editoriale

Benedikt, colui che viene nel nome del signore

Forse non è il Messia. Anzi, certamente non sarà un Messia. E se anche lo fosse, con tutte le disgrazie che ci sono al mondo non farebbe il calciatore nella Juventus. Non farebbe proprio il calciatore. Dopo Papa Ratzinger, ecco un altro tedesco entrare nell’italico stivale con l’appellativo “Benedetto”. Uno è Benedetto XVI, l’altro è Benedetto e basta. Anche perché quel Benedikt si sposa piuttosto male con la lingua italiana, non trovate anche voi che sia così? Spesso noi italiani dobbiamo cercare di italianizzare i nomi per non impantanarci in deplorevoli errori di lettura, ortografia, pronuncia e quant’altro. Vi ricordate Hasan Salihamidzic? C’è voluto il soprannome “Brazzo” a mettere tutti d’accordo. Altrimenti chissà in quanti sarebbero inciampati sul quel cognome: “saliamic… midciz… cic… zic”.

Papa Ratzinger non è mai stato amato del tutto. Forse, guardando in generale, non è mai stato amato. Di certo il suo successo mediatico è infinitamente povero rispetto a quello del suo successore Bergoglio: nessuno si sogna di fare degli album delle figurine o delle fiction sul Papa tedesco (a parte la troupe di René Ferretti). E continuando con la lista dei forse, forse è proprio questo il motivo per cui un bel giorno, quando la neve scendeva in tutta Italia, raccolse le sue cose e lasciò il suo posto. Howedes al contrario, non ha ancora avuto modo di essere amato. Fare le valigie in questo momento sarebbe assurdo: proprio nel momento in cui tutto comincia a viaggiare nella direzione giusta.

La carriera di Benedetto, proprio benedetta, non lo è: se da una parte consideriamo i trofei vinti, c’è quel Mondiale brasiliano giocato da terzino titolare che basta e avanza (tra l’altro colpendo un palo proprio nella finale con l’Argentina). Se invece guardiamo la sua carriera, la sua maledizione si chiama 34 infortuni in tutta la vita (di cui quattro gravi contemporaneamente). 614 giorni totali. Quasi due anni passati a guardare i compagni in tv anziché stare con loro. Pure al suo arrivo alla Juventus il destino rimane sempre lo stesso: quello di stare a guardare. O almeno, così sembra.

Domani Allegri deciderà se farlo debuttare o addirittura schierarlo dal primo minuto. Sarà un trionfo per lui, inizierà a respirare per davvero l’odore dello Stadium, il calore del tifo, la sensazione del campo. Una benedizione? Quella lasciamola alla Città del Vaticano. Così come lasciamo perdere chi viene nel nome del signore: se è da qualche parte in questo mondo in questo momento, ha altro a cui pensare. Altro che Crotone.

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