Gli eroi giallorossi entrano nella tana del lupo. Luciano Spalletti da Certaldo siede con lo sguardo fiero di chi sa che il suo avversario non ha scampo. Allegri mostra fin da subito la sua paura schierando ben otto difensori, con la consapevolezza che non basteranno per fermare l’armata lupacchiotta. L’arbitro, come sempre portato dalla Juventus, fischia l’inizio del sogno capitolino e dell’incubo bianconero.
Juve-Roma è la sfida tra il bene e il male e il bene trionfa sempre, su tutto. La sfida è troppo importante e, si sa, la Roma non fallisce mai gli appuntamenti che contano. Fin da subito si nota la superiorità della Roma, che mostra al mondo un gioco dalla bellezza abbacinante. Salah accelera e mette sistematicamente a sedere i sopravvalutati difensori bianconeri. Ogni suo scatto è una folgorazione che lascia senza fiato chi prova a inseguirlo. È Dzeko, però, ad aprire le marcature con un colpo di testa di potenza inaudita. Il giocatore bosniaco ascende al cielo e sembra essere investito da una luce divina.
La Juventus è tramortita, Higuain, lasciato solo in attacco, pensa solo a quando potrà finalmente affogare i suoi dispiaceri nel cibo. La Roma approfitta del momento con Emerson Palmieri che si traveste da Cafu, dribbla tutti, va verso la porta ma viene abbattuto da Lichtsteiner. L’arbitro non vorrebbe dare rigore, ma si alza Totti dalla panchina, la sua aura sa di onnipotenza, e in quel momento il direttore di gara rimane folgorato sulla via di Damasco. È rigore. Perotti non sbaglia e segna il suo gol numero 20 su altrettanti penalty – tutti giusti, tutti sacrosanti.
La partita finisce, Spalletti “più scientifico” del confusionario Acciughina, diventa il re dello Stadium, della Serie A e del bel calcio. La Roma è campione d’Italia. Dopo cinque anni di dominio su avversarie arrendevoli e propense a scansarsi, la Juventus getta la spugna. Il maggior fatturato e i poteri forti stavolta hanno dovuto alzare bandiera bianca.
I giocatori della Roma tornano subito nella bella capitale, vogliono festeggiare con i loro tifosi. E lì ad aspettarli trovano una bolgia che non si vedeva dal concerto di Simon & Garfunkel a New York nell’81. Ma ecco che dalla folla festante fuoriesce una figura austera, ma candida. Papa Bergoglio, con le lacrime agli occhi, si avvicina a Spalletti e lo incorona e lo ringrazia inchinandosi. “Lo scudetto più bello di tutti i tempi” si leggerà poi su tutti i quotidiani e ben 235 ore consecutive di dirette verranno registrate dalle trasmissioni televisive.
I giocatori stessi si stanno lasciando andare a proclami che con un girone di ritorno ancora da giocare sembrano abbastanza prematuri. Una cosa è certa, la Roma ha tutte le carte in regola per sbancare lo Stadium e per portarsi a un solo punto dalla capolista, ma con 66 punti ancora a disposizione è davvero necessaria tutta questa fanfara anticipata? Se anche la Roma riuscisse a portare a casa i tre punti, il difficile arriverebbe dopo. Mantenere i piedi per terra segna la differenza tra i sogni irrealizzabili e quelli che possono avverarsi con il sudore. Sudore grondante non da chi fa sogni trionfali, ma da chi lavora sodo.
This post was last modified on 15 Dicembre 2016 - 20:44