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Editoriale

China Cup, il trofeo di cui nessuno sentiva il bisogno. Tranne la Cina

La China Cup è soltanto l’ultima testimonianza di come il calcio di oggi sia cambiato, reso ostaggio sempre più delle multinazionali, dei potenti brand e del business. Dall’Oriente è infatti giunto un nuovo capriccio, già proposto e chiacchierato a luglio, ma reso ufficiale soltanto negli ultimi giorni dalla Fifa.

IMPOSSIBILE DIRE NO – Non che poi ci fosse “speranza” di una mancata ufficializzazione del torneo. Del resto si è capito già da un pezzo che quando la Cina decide di investire, al sistema calcio del 2016 non resta da fare altro che sorridere e chinare il capo. Tanti infatti sono i soldi che i cinesi investono nel panorama calcistico del Vecchio Continente da qualche anno, altrettante le speranze dei club europei di intercettarli facendo leva sul fascino dei loro palmarès, della loro storia e della loro collocazione all’interno della mappa delle società più grandi di sempre.

Il presidente di Wanda con Infantino
Il presidente di Wanda con Infantino

CHINA CUP – Succede anche oggi dunque, in virtù di una competizione divenuta ufficiale e organizzata dal colosso Wanda, leader del settore immobiliare di quello che ad oggi è il Paese più popoloso del pianeta. La potente multinazionale made in China è anche proprietaria di Infront, concessionaria che si occupa dei diritti tv per il campionato italiano e altri eventi sportivi, peraltro azionista al 20% dell’Atletico Madrid. Il tassello mancante della China Cup, che per la cronaca si svolgerà nel bel mezzo del mese di gennaio e a cadenza annuale – con i più sentiti ringraziamenti di quei club che si vedranno costretti a salutare i loro tesserati contemporaneamente ai partenti per la coppa d’Africa – appare come una nuova rampa di lancio piuttosto che la ciliegina sulla torta.

CINA “ARRAFFATUTTO” – Tutto nasce grazie all’Inghilterra inventore del gioco del calcio, si evolve in Europa, si raffina in Sud America e si giocherà sempre più (?) in Cina. Consci dell’inesistente tradizione calcistica, i colletti bianchi della Repubblica Popolare Cinese hanno cominciato a comprare tutto e tutti, dapprima ospitando eventi ufficiali come la Supercoppa Italiana, poi inserendosi nelle gerarchie o al di sopra di queste in molti club d’Europa (interamente proprietari di Aston VillaBirmingham, Wolverhampton, Granada, Sochaux, Ado Den Haag, e in quote grandi-medio-piccole di Inter, West Bromwich, Nizza, Slavia Praga, Atletico Madrid e persino Manchester City). Silvio Berlusconi, invece, fra alti e bassi è ancora in attesa di chiudere l’affare con la cordata che include addirittura il Governo cinese. E ancora, la Cina convince a suon di yuan non soltanto campioni alla soglia del ritiro, ma in numero sempre più preoccupante anche giocatori ancora apparentemente lontani dal pensiero di appendere le loro scarpe al chiodo: da Pellè (il quinto più pagato al mondo), a Cahill, Guarin, Gervinho, Ramires, Jackson Martinez, Lavezzi, Alex Texeira, Burak Ylmaz, Hulk. A questa lista vanno aggiunti anche gli italiani Diamanti e Gilardino, tuttavia tornati a calcare i campi della Serie A, ed entrambi emblemi di come in fin dei conti i soldi non necessariamente rappresentino tutto, specie se a discapito della qualità delle competizioni e del divertimento che, non smetteremo mai di crederlo, alimenta ancora le corse e le giocate dei più piccoli, ma anche dei grandi campioni.

PRINCIPALE REALTA’ (DI MERCATO) – Ecco, allora la Cina prova a porre rimedio al pozzo lacunoso del suo trascorso calcistico così. I milioni li ha fatti altrove, dall’immobiliare alla tecnologia, e adesso questi servono (peraltro in minima parte), a piazzare nella stessa carreggiata di Brasile, Italia, Germania Inghilterra o Spagna – e nel più breve tempo possibile – la nazionale cinese e la Super League, avvicinando a tal punto da far toccare con mano il vero calcio a quel miliardo e mezzo di abitanti che, lo si voglia o no, rappresenta ormai una fetta di mercato troppo grande per uno sport divenuto azienda generante profitto a tutti i livelli.

IL RISCHIO – Quello vero è che di anno in anno persino le competizioni nazionali ed internazionali storiche possano subire modifiche o addirittura cancellazioni a beneficio del nuovo mercato. L’inserimento sottocutaneo e ufficiale, che va al di là dell’ingaggio di calciatori e acquisizioni di società europee, comincia a gennaio 2017, precisamente dal 10 al 15, ma punta già ad allargare ad otto le attuali quattro partecipazioni allungando, di conseguenza, anche la durata stessa del torneo. E questo tanto per incominciare. Infatti, qualora gli eventi dovessero tenere fede alle aspettative sportive, ma soprattutto economiche degli investitori, non staremmo nella certezza che oltre non si possa andare. Anzi.

Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)

This post was last modified on 24 Novembre 2016 - 20:09

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