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Perché il ‘caso Bayern’ è montato sul nulla e quell’ipocrisia tutta italiana

Il comunicato del Bayern Monaco spegne sul nascere una bufera, quella riguardo la grafica preparata dai bavaresi per la gara contro la Juventus, che non avrebbe avuto motivo di esistere. Tuttosport e il Corriere dello Sport hanno cavalcato l’onda della presunta somiglianza tra i binari presenti nell’immagine dei tedeschi e quelli del campo di concetramento di Auschwitz, ma senza considerare diversi fattori.

“Qui è la fine”, recita la grafica del Bayern, parafrasando il motto bianconero “fino alla fine”. I binari indicano un metaforico percorso, intrapreso dai bianconeri, sbarrato da due ostacoli insormontabili: l’Allianz Arena e Manuel Neuer. È questa la giusta interpretazione, la più ovvia. E, inoltre, anche per un occhio poco esperto, è evidente come le due immagini confrontate abbiano poco e nulla in comune: i binari che vediamo non sono sicuramente quelli di Auschwitz.

Il confronto tra le due immagini

“Mi auguro che in futuro il Bayern mostri più sensibilità per certi argomenti”, ha detto il vice presidente della comunità ebraica di Roma, Ruben Della Rocca. Probabilmente, però, Della Rocca non conosce la storia della società tedesca, da sempre schierata contro l’anti-semitismo e il razzismo. E non potrebbe essere altrimenti: durante il regime nazista, il Bayern Monaco era considerato, insieme ad altri club, uno Judenklub, un club degli ebrei.

Il presidente del primo scudetto bavarese nel 1932, Kurt Landauer, era ebreo ed è stato addirittura perseguitato: fu prima spedito a Dachau, poi espulso dal paese. La tifoseria non ha mai dimenticato Landauer, tanto da dedicargli una coreografia contro l’Eintracht Francoforte, un altro Judenklub. E, nella stessa occasione, la Schickeria – il principale gruppo ultras del Bayern – si schierò apertamente a favore dei diritti gay: “Il calcio è tutto, anche gay”, recitava uno striscione apparso in curva.

Ma gli ultras bavaresi si sono resi protagonisti anche di altri episodi da ricordare: per esempio, in occasione del 75esimo anniversario della “notte dei cristalli”, hanno ricordato quel tragico evento; o, più recentemente, hanno accolto a braccia aperte i rifugiati siriani, portandoli anche tra di loro per assistere alle partite. “Da noi gli estremisti di destra non sono accettati”, aveva detto qualche tempo fa Simon Mueller – capo della Schickeria –  a ‘Repubblica’. Più chiaro di così.

Insomma, i media nostrani hanno montato una polemica sul nulla. Essere tedeschi non è sinonimo di essere nazista – non è questa una forma di razzismo? – e, quindi, la scusa del “pensare male” non regge. E, anzi, ci sarebbe da riflettere sulla situazione delle nostre curve: quante volte sentiamo quegli odiosi “buu”? Eppure l’unica motivazione che si dà a quei gesti è l’ignoranza, che come un male oscuro si aggira negli stadi.

Invece, no: le curve che si rendono protagoniste di tali scempi sono sempre e comunque schierate politicamente. È la loro ideologia ad alimentare tali episodi. Ed è facile nascondersi dietro un muro di populismo, ma le cose vanno presentate per come sono: perché cercare retroscena politici quando non ci sono e non metterli in evidenza quando, invece, sono le cause principali di alcuni atteggiamenti? Misteri della comunicazione, ma intanto godiamoci lo spettacolo di Bayern-Juve. Con la speranza che i bianconeri riescano ad abbattere l’ostacolo tedesco.

Felice Lanzaro (@FeliceLanzaro)

This post was last modified on 16 Marzo 2016 - 19:33

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