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Le voci della Nord – Derby d’Italia (?)

Derby d’Italia. Questo è ancora l’appellativo per definire Juve-Inter, anche se ci sarebbe già in partenza almeno un motivo per non definirlo così: la formazione milanese, e non da ieri, ha ben poco di Italia. Il discorso è estendibile a tutta la rosa e viene confermato per questa partita dove tra campo e panchina dei 23 che si è portato Mancini a Torino sventolano il tricolore solo D’Ambrosio (titolare) e Santon (riserva). Va bene che si chiama Internazionale, ma così è davvero troppo. Serata piovosissima, ma il campo è in buone condizioni. Posticipo domenicale come d’uopo per partite di questo tipo, quelle definite “di cartello”, e l’afflusso allo stadio è regolare e non troppo frenetico. Non c’è nemmeno il tutto esaurito, almeno dal colpo d’occhio: forse sono troppe le energie mentali spese anche dai tifosi martedì, o forse almeno per alcuni tifosi questa è stata declassata a partita “normale”. Di sicuro non lo è e non lo deve essere per i giocatori che scendono in campo. C’è da tornare a correre dopo il pareggio di Bologna, perché la Roma dietro incalza, perché il Napoli è da tenere a distanza, perché, come dice Bonucci, due pareggi di fila per la Juve sono anche troppi.

La coreografia risponde egregiamente allo sfottò dell’andata facendo campeggiare in tutta la Sud tre striscioni che rappresentano un tendone da circo nerazzurro, un clown coi colori della “Beneamata” e il giochino a molla che fa uscire uno scudetto di cartone col numero 14 e la scritta FAC-SIMILE. Ben studiata, ben disegnata, divertente e irriverente. Dopo la stangata presa in coppa Italia anche i tifosi nerazzurri sembrano crederci pochino e infatti riempiono sì e no metà settore ospiti. Alla lettura della formazione interista i fischi sono assordanti, e diventano ancora una volta bordate al nome di Felipe Melo. La Juve scende in campo con la formazione tipo e il solo Hernanes a sostituire l’indisponibile Marchisio, ancora sull’onda dell’ottimo secondo tempo contro il Bayern e col dente un po’ avvelenato dell’ex. E’ proprio il Profeta, chiamato affettuosamente “er nano” in curva anche per i suoi trascorsi romani, a far sussultare la Nord dopo meno di 5 minuti con un gran bolide di sinistro che una deviazione impercettibile di Handanovic manda a far tremare la traversa. La partenza è arrembante e anche Mandzukic e Dybala potrebbero far male subito, ma imprecisione e fretta lasciano tutto così com’è.

La partita si assesta e l’Inter riesce a ricompattarsi, facendo però una partita molto simile a quella di qualche settimana fa, ovvero facendo girare il pallone più nella propria metà campo che nella nostra. Buffon si prende tanta acqua, ma è praticamente inoperoso per tutto il primo tempo, e sugli spalti iniziano i soliti sfottò che con gli interisti in particolare non mancano mai. La Juve dà la sensazione di dominare senza grossi patemi prendendo un paio di spaventi solo su due punizioni, e il primo tempo finisce con le porte inviolate. Commenti divertiti e compiaciuti nell’intervallo, con la voglia di vincerla a prescindere perché comunque contro l’Inter c’è sempre un conto in sospeso, la ferita è ancora aperta e la voglia di farli rimuginare ancora a lungo sul triplete è tantissima.

I ragazzi sembrano sentirlo e alla prima azione del secondo tempo passiamo: punizione di Dybala, intervento goffo di D’Ambrosio che serve involontariamente Bonucci in proiezione offensiva, gran coordinazione del centrale e palla che si infila dietro ad Handanovic. Per la Juventuuuuusss ha segnatooooo il numero diciannoveeeee Leonardooo BONUCCIIII!!!! Proprio lui, che aveva detto di voler affossare l’Inter, col suo solito “sciacquatevi la bocca” usato per festeggiare, a padroneggiare su tutti i fronti. E’ un Leo-ne, con la grinta di sempre e la determinazione di chi adesso sa anche di essere uno dei preferiti di Guardiola. Ci si aspetta una risposta dell’Inter che non arriverà. “Interista, chiacchierone, sogna sotto l’ombrellone…” inizia a intonare tutto lo Stadium. Uno dei cori preferiti da sempre, da cantare ancora con più orgoglio insieme a “salutate la capolista”, che incredibile a dirsi vedendo l’Inter di stasera fino a poche settimane fa era proprio la formazione di Mancini. Allegri non sbaglia un cambio in questo periodo, dentro Morata e in pochi minuti rigore procurato e gol della sicurezza. Alvaro è beniamino dei tifosi, lui lo sa, lo sente, e si sbatte come un dannato. Segna e va ad abbracciare Zaza in panchina. Non sembra quasi vero. Il primo tiro dell’Inter  arriva nei 6 (SEI!!!) minuti di recupero concessi, ma non fa male.

Si vince di nuovo, si vince anche questa, e con l’Inter, appunto, vale sempre un po’ di più. Non son più vittorie consecutive ma risultati utili, fanno comunque 16 vittorie su 17 gare di campionato. Una mostruosità. Per fare gol a Buffon allo Stadium è dovuto arrivare il Bayern Monaco. E se l’Inter non fa qualcosa, questa partita di cartello, questo derby d’Italia, sarà sempre più una partita “normale”.

Dario Ghiringhelli (@Dario_Ghiro)

This post was last modified on 1 Marzo 2016 - 09:33

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